Lydia B. Smith a Roma per Sei Vie per Santiago: “Il cammino stesso si racconta!”

Il nome di Lydia B. Smith per molti di voi non sarà familiare. Eppure, appartiene ad una giovane donna che non solo è una affermata produttrice americana, ma è anche una regista che dal 2013 ha ricevuto numerosi premi per il documentario Sei vie per Santiago (Walking the camino). Si tratta di un film ambizioso e allo stesso tempo di poche pretese, totalmente indipendente, con il solo scopo di raccontare un percorso spirituale, difficile tanto per il corpo, quanto per la mente. La regista, ha scelto di filmare il cammino di un gruppo di persone in particolare, cercando di far trapelare le loro ragioni, le aspettative e le motivazioni. Noi abbiamo avuto la fortuna di vedere la pellicola e di assistere alla conferenza stampa dove, la Smith, ha potuto parlarci più da vicino del suo progetto.

Quando hai pensato di girare un film sul Cammino di Santiago?

Quando, nel 2008, ho deciso di intraprendere questa nuova esperienza, alla fine del percorso mi sono resa conto di come il cammino stesso mi avesse incoraggiato a girare un film su di esso. Gli stessi pellegrini che condivisero il percorso con me, dopo avermi chiesto che lavoro facessi,  mi spingevano a girare e raccontare del viaggio, di provare ad incitare il pubblico tutti ad intraprenderlo. Io, sin dall’inizio, non avevo nessuna intenzione di mischiare la mia professione con qualcosa che era nata più per una necessità personale che per altro. Inoltre, avevo già avuto a che fare con i documentari dieci anni prima, e l’avevo trovato fin troppo faticoso, abbastanza da non farmi tentare da girarne un altro. Dopo, invece, mi sono come sentita in dovere di iniziare a lavorare su questo film. Volevo che fosse il cammino stesso a parlare, a raccontarsi, non volevo far  trapelare il mio punto di vista, ma condividere un’esperienza con chi come me ha scelto di lanciarsi in questa sfida e chi sta pensando di farlo.

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Ci sono molti film sul Cammino di Santiago e probabilmente La via Lattea di Luis Brunel è il più famoso. Hai avuto ispirazione da qualche lavoro in particolare?

Come ho già detto, la mia decisione di portare una testimonianza di questa esperienza sul grande schermo, è stata presa in un secondo tempo. Prima di questo momento, non avevo visto nessun film sull’argomento. Dopodiché presi ispirazione da un film che mi impressionò moltissimo, La Marcia dei Pinguini. e ne discussi parecchio con il mio direttore della fotografia, Pedro Valenzuela. Gli stessi pinguini, infatti, ogni anno affrontano migliaia di chilometri per dare alla luce altre vite. A rapirmi fu la rappresentazione dei panorami, così meravigliosi e interessanti da non sembrare quasi reali. Questi scatti facevano vedere i pinguini in lontananza, rendendoli quasi dei puntini neri. Da qui, io e Pedro, durante le riprese, usavamo il termine “Dammi un pinguino!” per lanciarci il messaggio di prendere un pellegrino in lontananza. Volevo che la gente, dopo aver visto il film, avesse la sensazione di esser appena stata in Spagna e solo una fotografia del genere poteva far in modo che questo accadesse.

Come hai scelto i personaggi principali del film?

Non ho mai avuto dubbi su chi fosse il protagonista: il Cammino stesso!  Per il resto, tutti i personaggi che vedete nel film sono persone incontrate sul posto a cui ho chiesto di partecipare alla pellicola. L’unica che fa eccezione è Annie O’Neil, che ho conosciuto all’inizio dei lavori e dopo averle parlato del mio progetto, era così entusiasta, da voler camminare anche lei. Filmammo in realtà più di quindici pellegrini, ma alla fine, dovetti ridurli a sei per non ritrovarmi nelle mani un documentario di svariate ore. Volevo donare una perfetta immagine di ciò che ti trovi davanti quando affronti il Cammino, per questo ho cercato persone che provenissero da luoghi diversi, di culture differenti, con età distanti. Ognuno di loro aveva una ragione propria per camminare, ma tutte, comunque, erano unite dal forte desiderio di riuscirci e portare a termine il percorso.

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Qual è il pubblico di riferimento del film in Italia e quali pensi che siano le differenze con il pubblico americano?

Gli americani non hanno un’idea precisa di cosa sia il Cammino. Quest’ultimo non è conosciuto come qui in Europa e non ci sono così tanti pellegrini. Gli spettatori statunitensi venivano a vedere il film per informarsi, magari incuriositi e con la voglia di svolgere un’esperienza simile, ma solo un massimo del 20% di loro era stato pellegrino in passato. In Italia, credo, ci saranno molti più spettatori che hanno intrapreso questa sfida con se stessi in passato. Mi piace l’idea che finalmente qualcuno possa apprezzare le parti della pellicola che si rivolgono direttamente ai pellegrini stessi, a chi ha intrapreso questo Cammino in passato, in modo che siano capaci di mostrare agli altri cosa hanno provato e quello che hanno vissuto durante quell’esperienza. Spero che in Italia ci siano molti veterani del cammino, perché ho girato il film proprio per loro.

Lydia B. Smith sarà presente in Italia dal 26 al 3 Giugno per alcune anteprime e dall’8 Giugno per seguire in prima persona il lancio del film documentario.

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