Cosa c’è di più semplice ed elementare del segno che si fa colore, dando vita ad una supremazia controllata, netta, rigorosa della forma? È difficile ipotizzare cosa sarebbe successo nella storia dell’arte internazionale senza l’esistenza artistica di personaggi fondamentali come Malevich, Kandinskij, Chagall, Larionov, Goncharova. Ma d’altra parte il percorso storico-artistico non è fatto per essere percorso attraverso i “se” e i “ma”, bensì nasce da concrete certezze capaci di rinnovare e modificare attraverso pochi segni e pochi gesti, certamente essenziali e significativi. In Russia, all’inizio del ‘900, avvennero cambiamenti straordinari, sia a livello sociale che a livello artistico. Un artista come Kazimir Malevich iniziò a sperimentare sin dal primo decennio del XX secolo, portando sulla tela una sorta di neoprimitivismo, fatto di colori accesi e scene di ambientazione contadina. Nel 1913 giunse alla teorizzazione del suprematismo, arrivando ad affermare la necessità per l’artista di abbandonare la figurazione in nome della purezza geometrica. Sono questi gli anni del Quadrato nero.
Pur in continui spostamenti, Vasilij Kandinskij riuscì comunque a partecipare attivamente alla vita culturale russa, influenzandola profondamente con le teorie sull’uso del colore e sul nesso tra opera d’arte e dimensione spirituale. Non meno onirico e visionario fu Marc Chagall, pittore intimista e originale, creatore di dipinti fatti di sensibilità interiore e di legami con il mondo contadino dei villaggi russi. Un rapporto d’amore e d’arte quello che legò Mikhail Larionov e Natalia Goncharova, che passarono da uno stile impressionista e simbolista al neoprimitivismo, distaccandosi dal gruppo Fante di Quadri, nato a Mosca nel 1910 con il desiderio di rompere con la società dell’epoca e di rivolgersi alle novità artistiche internazionali. Cubo futurismo, astrattismo, costruttivismo. Questi i tre grandi gruppi della Russia dell’inizio del secolo scorso. Fu dalla simultaneità del futurismo e dalla scomposizione dei punti di vista del cubismo che prese vita il cubo futurismo russo, mentre sarà proprio Malevich a portare la pittura russa alla semplificazione delle forme in volume e profondità tipica dell’astrattismo. In seno allo spirito della Rivoluzione russa del 1917, sorse il costruttivismo, che si espresse in architettura e nelle arti plastiche, ben rappresentato dalle installazioni di Tatlin.
Tutto questo è racchiuso in una mostra eccezionale, in programma al Museo dell’Ara Pacis dal 5 aprile al 2 settembre, a cura di Victoria Zubravskaya con il coordinamento tecnico-scientifico di Federica Pirani. Avanguardie russe propone in esposizione circa settanta opere dei più grandi artisti russi del secolo scorso, portando in scena sette opere inedite rispetto alla precedente tappa palermitana, da Lo spazzino e gli uccelli di Malevich, per la prima volta in Italia, ad alcune opere di Chagall e di Kandinskij. Una mostra dalle suggestioni orientali, votate ad un confronto profondo e inedito tra lo scenario italiano e la cultura russa. L’arte valica i confini, non conosce spazi, stati o lingue. Cultura e culture sono fatte per coesistere e fondersi. Anche semplicemente in una esposizione.