primo-uomo-gianni-amelio
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Quando si vedono film come Il primo uomo non è eccessivo parlare di Cinema con la C maiuscola. Poesia allo stato puro, resa attraverso una narrazione sincera, mai artefatta o pretestuosa, sempre vigile e spontanea nella sua schietta essenzialità. Il film di Gianni Amelio, tratto dall’omonimo romanzo incompiuto di Albert Camus, è un vero e proprio gioiellino del cinema internazionale. Il primo uomo non è semplicemente la traduzione cinematografica del testo del filosofo e romanziere algerino, o meglio, non è soltanto quello. A metà tra la biografia e l’autobiografia racconta le storie intersecandosi con la Storia. Le storie di Camus e di Amelio che, seppure in anni e in contesti diversi, sono simili per molti aspetti, nella Storia di un paese come l’Algeria fatto di contraddizioni, di guerre, di disagi, di proteste. “Ho il sospetto che io sia stato scelto per girare questo film proprio per la coincidenza tra la mia vita e quella di Camus, per le nostre infanzie. Sono molte le concomitanze, l’unica differenza è che mentre la storia descritta da Camus si svolgeva in Algeria negli anni Venti, la mia si svolgeva in Calabria negli anni Cinquanta. Prendere spunto dallo scrittore algerino mi ha dato forza per intraprendere questa autobiografia. Infatti, ho scritto io i dialoghi che sono ispirati alle vicende della mia famiglia” ha dichiarato durante la conferenza stampa Gianni Amelio.

Un film senza dubbio autobiografico, con la semplicità di chi parte dal basso per arrivare in alto; con una famiglia formata dalle donne, la madre e la nonna, pronte a crescere un figlio che dovrà divenire un uomo senza il padre; con un contesto che non favorisce certo chi è nato nell’umiltà. C’è molto di Gianni Amelio nella storia raccontata da Camus, attraverso il suo alter ego Jacques Cormory, lo scrittore di cui narra nel romanzo, tornato in Algeria in piena guerra civile contro la Francia. Il viaggio di Cormory, interpretato da un meraviglioso Jacques Gamblin, è sia fisico che mnemonico. Arrivare nella propria patria algerina significa ritornare nel luogo dei ricordi. È proprio dall’incontro con la madre che Jacques inizia a ricordare di sé da piccolo, povero e orfano di padre, morto per difendere la patria durante la Grande Guerra, fino ad arrivare alla scalata, divenendo uno degli scrittori più importanti in Francia e in Algeria. Attraverso i continui scambi temporali tra passato e presente la narrazione suggestiona lo spettatore, portandolo nei fatti dell’infanzia e della vita che si lega inscindibilmente con gli eventi del contesto in cui vive Cormory. D’altra parte quel “primo uomo siamo noi” ha sostenuto il regista. Quella primigenia è da ricercare in ognuno di noi, presente come senso profondo della ricerca che ogni essere umano si trova ad affrontare quotidianamente nel suo percorso esistenziale. È la propria identità che si deve cercare, per capire fatti ed eventi che sono dentro di noi e che fanno parte di ciascuno di noi. La nostra vita appartiene alla memoria dei nostri avi, alle tracce biografiche dei progenitori che segnano e solcano le nostre carni e i nostri volti. La continua indagine esistenziale per rintracciare le orme lasciate nella storia diviene il motore della vicenda, espediente narrativo ma soprattutto motivo di riflessione.

Uno degli elementi che più affascinano di questo splendido film di Amelio è la presenza di un cast che riesce ad unire attori professionisti e  gente comune. Accanto ad una delle attrici più brave e sincere del nostro cinema, vero e proprio simbolo dell’autenticità performativa, Maya Sansa, la madre del piccolo Jacques Cormory, vi è il piccolo Nino Jouglet, nel ruolo dello scrittore da bambino, incontrato per caso a Parigi e scelto per la sua inconfondibile naturalezza tipica dell’età. Alla sua prima volta davanti ad una macchina da presa, Nino incanta tutti per la spontaneità con cui entra nel personaggio e riesce a trasmettere emozioni uniche grazie alla sincerità del suo sguardo. Lo stesso Hachemi Abdelmalek che interpreta Aziz, giovane simbolo della rivoluzione, è un giovane algerino che vende la verdura al mercato. “Ho letto Il primo uomo dopo aver incontrato Gianni Amelio che mi ha spiegato subito che stavo entrando non solo nella storia di Camus ma nella sua storia” ha dichiarato Maya Sansa. Non è solo un film questo, bensì è un vero e proprio tesoriere di emozioni e di suggestioni che vengono da lontano. Eppure sono così vicine a noi. Distribuito da 01 Distribution, Il primo uomo ha vinto il Premio della Critica Internazionale al Festival di Toronto e arriverà nelle sale in 70 copie dal prossimo 20 aprile. 98 minuti di pura poesia, capace di penetrare nell’intimità dello spettatore, conducendolo in una storia universale, alla ricerca delle origini di un sogno chiamato vita.

 

 

By Silvia Tassone

Laureata in Storia e Conservazione del Patrimonio Artistico, mi dedico alle mie due grandi passioni: l’arte e la scrittura. L’ambizione? Scrivere di arte. E’ quello che provo a fare da qualche anno, raccontando sul web il criptico eppure essenziale mondo artistico. A 23 anni i sogni vanno alimentati dalle speranze!

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