Al Teatro Duse la storia degli amanti “nati sotto cattiva stella” del Bardo rivive ancora una volta sul palcoscenico da venerdì 8 a domenica 10 marzo. Romeo e Giulietta di Shakespeare con la regia di Giuseppe Marini è una versione solo apparentemente classica che parla alle nuove generazioni attraverso un cast preparato e una traduzione che valorizza gli eterni versi shakespeariani. L’opera di Shakespeare, la più “giovanile” delle sue tragedie è al tempo stesso la più popolare e amata. La vicenda d’amore dei due giovani appartenenti alle famiglie rivali Montecchi e Capuleti, una favola d’Amore e Morte amara, ambigua, visionaria, crudelissima, ambientata a Verona.
Al centro di Romeo e Giulietta la vicenda romantica di due giovani veronesi che si amano contro il volere e l?odio storico delle loro due famiglie, la tragedia di due adolescenti intrappolati nel loro destino che ‘teatralizzano’ il loro amore come nei manuali. Gloria Gulino, che interpreta Giulietta, è bolognese di nascita e diplomata all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio D’Amico, Romeo è Giovanni Anzaldo, Premio Ubu nel 2010 come miglior attore 2010 under 30 per lo spettacolo Roman e il suo cucciolo di e con Alessandro Gassman, al suo fianco anche nel film Razzabastarda. La fedele traduzione in versi di Massimiliano Palmese restituisce un copione in rima che Giuseppe Marini, nella sua forte linea registica, fa recitare senza retorica ma con naturalezza e semplicità. E’ esplicito il richiamo a Tim Burton soprattutto nei costumi di Mariano Tufano, ma anche nelle scene di Alessandro Chiti in cui è preponderante l?uso del nero e oro, simboli di ricchezza e al tempo stesso di morte, che rendono la città di Verona una città-cripta.
NOTE DI REGIA di Giuseppe Marini
“Con Romeo e Giulietta, Shakespeare porta in scena la più alta e suprema indagine poetica sulla vera natura dell’Amore e, insieme, una profonda meditazione sulle insidie del linguaggio, incapace di contenere e rappresentare il Reale, (What’s in a name? fa pronunciare alla sua giovane protagonista) quindi, in ultima analisi, sulla propria Arte.
Un amore che muore della propria irriducibilità, del proprio ‘troppo’. Un amore ‘nato sotto cattiva stella‘ che, al suo primo apparire, incontra e copula con l’ombra della morte, perché soltanto la morte e la tragedia (per due adolescenti che adeguano il loro sentimento a un codice iperletterario il Libro in cui rovinosamente inciampano) attendono e ispirano una passione talmente pura e assoluta da non sospettare neppure la possibilità del calcolo, del compromesso, della convenienza. La morte, dunque, è presente e operosa in questa prima vera tragedia di Shakespeare e rivela sin da subito qual è l’oggetto preferito del suo assalto: i giovani, fiori prematuramente recisi nel loro desiderio erotico più intenso, nel pieno del loro tumulto ormonale, nel più dilagante trionfo di vita, di passione, di sensi. Nella bella Verona del Prologo, una città-tomba dilaniata da risse, duelli, da un odio violento, di cui non si conoscono neanche più le ragioni d’origine, ma che ferve di vita, di movimento, di banchetti, di feste, di balli, di maschere di Teatro, non c’è spazio per i giovani e per l’Amore. Romeo e Giulietta potranno finalmente stare insieme, ma soltanto in una cripta, in una sorta di macabro legame eterno, raggelato e premiato dalle insulse statue d’oro che la dabbenaggine mercificante del Potere e degli Adulti erigerà a loro ricordo”.