In Italia, per quel che riguarda la compagine della musica dal vivo, si presentano due tipi di artisti, musici o musicanti: i soggetti oggetto dello zapping nevrotico, o meglio, i protagonisti dei talent show, destinati a palasport, sale di auditorium e frequenti rotazioni radiofoniche; e un fitto gruppo di artigiani del suono, magari pure capelloni, che cambiano comunque un palco a serata, ma non trovano spazio nel ricettacolo di insulsi pettegolezzi da salottino televisivo. Come faranno mai, allora, questi ultimi a ricevere il partecipato interesse di flotte di fan, disposti a muoversi incondizionatamente su e giù per lo stivale pur di ascoltarli? Probabilmente non risulta velleitario nutrire speranze nei confronti di una musica svincolata da logiche di mercato.
Prendiamo come esempio gli Afterhours. La band milanese, a quasi un anno dalla pubblicazione della loro ultima, pluri-premiata, fatica Padania, tornano nuovamente in tuor con sedici concerti nei club italiani fino al 30 aprile. Le danze si sono appena aperte all’Estragon di Bologna, nel migliore dei modi, tra l’altro: “C’era tanta gente e non era un fatto scontato. A Bologna avevamo chiuso il tour precedente, neanche molto tempo fa, e nel frattempo non è uscito niente di nuovo”, precisa il frontman Manuel Agnelli. “L’Estragon è un po’ casa nostra, quando suoniamo lì l’emozione del concerto è sempre alta anche se fisicamente, devo ammetterlo, non eravamo in gran forma. Tutti reduci da polmoniti, bronchiti e malanni vari da vecchietti. Verso la fine del set ne abbiamo risentito un po’, io in particolare”.
Un avvio a tutta velocità dunque, non solo considerando numeri o l’aspetto quantitativo, ma anche quello qualitativo. Il gruppo, infatti, promette di continuare a proporre – come ha già fatto – una scaletta eterogenea, certamente incentrata sulla maturità estrosa di Padania, ma ricamata magistralmente intorno alle ‘vecchie glorie’ di Hai Paura del Buio? ed altri successi: “Abbiamo reinserito anche molti ‘classici’ che non suonavamo da parecchio tempo in concerto, come ‘Elymania’, ‘Punto G’, ‘Musicista contabile’ o ‘Rapace’. Alcuni si adattavano bene alle atmosfere di ‘Padania’ e alla compattezza granitica della setlist, altri verranno utili nella parte più celebrativa del concerto, se verremo richiamati sul palco per i bis. Siamo sempre stati sempre un po’ egoisti e intransigenti nella costruzione delle scalette, ma nel finale del concerto non avremo problemi ad accontentare il pubblico”, ha precisato il cantante e chitarrista. E’ una corsa fatta di abnegazione e mai febbrile quella degli Afterhours, pronti a rimettersi in gioco con un reiterante processo palingenetico, il cui fulcro risulta essere un’incondizionata creatività. La stessa che li ha portati nuovamente in tour negli Stati Uniti, li ha fatti vincere il Premio Tenco e firmare con la Rough Trade.
E’ proprio il caso di dirlo: un fiotto creativo vi seppellirà!