The Piano in a Factory, la recensione

Al Far East Festival, ieri è stato proiettato uno dei migliori film di questa edizione, “The Piano in a Factory” di Zhang Meng che narra la storia commovente e coinvolgente di un uomo poco benestante, che è pronto a tutto per far felice sua figlia, provata già dalla situazione familiare difficile, a causa del divorzio dei genitori avvenuto da poco.

Chen Guilin vive nel nord est della Cina, in una zona arida e grigia occupata per lo più da fabbriche e fango, lavora in una delle poche fabbriche di acciaio rimaste operative, ma la sua vera passione è la musica. Infatti, con un gruppo di amici musicisti e la nuova compagna cantante, gira per la piccola cittadina come una band musicale, racimolando qualche soldo per andare avanti. Quando la moglie, benestante e algida, decide di portare con lei la figlia, Chen perde ogni altro interesse e vede infrangersi il sogno più grande per lui, poiché per permettere alla figlia di studiare il piano e di possederne uno per esercitarsi ed imparare, non ha i mezzi. Le lezioni sono troppo care per le sue possibilità e, così, Chen ha la bizzarra idea, apparentemente impossibile, di costruire lui stesso un piano, avvalendosi solo dell’aiuto di qualche amico e di tanto entusiasmo.

Così, da rottami e resti di ferro e legno, prende piano piano forma lo strumento musicale che diventa qui simbolo dell’unione tra padre e figlia, poiché solo portando a termine questa sua impresa, Chen può avere la speranza di riconquistare la piccola Xiao Yuan e tornare a sentirsi bene con se stesso. Questo film, intenso, e accompagnato da una colonna sonora molto piacevole e che ricorda toni rivoluzionari russi, potrebbe essere davvero un buon prodotto da distribuire anche in Occidente. Dall’inizio alla fine, la tecnica di ripresa è abbastanza elementare e le ambientazioni sono cupe e fredde come lo stato d’animo del protagonista per la maggior parte del film. Ma tutto è intriso volontariamente di una malinconia, piacevole però da vivere per emozionarsi e prendere parte a questa idea folle di costruire un oggetto così bello e così complesso come del resto sono i sentimenti umani.

Secondo “The Piano in a factory” tutto è possibile e il regista riesce a rendere sul grande schermo questa idea in maniera completa e convincente, aiutato anche da un cast di buon livello che insieme crea la giusta alchimia, regalando ottime interpretazioni.

Quindi, possiamo dire che questo film si trova a cavallo tra la commedia, il musical e il dramma, ma dà importanza ai tre generi nella giusta misura, confezionando un prodotto cinematografico degno di nota e che consiglio vivamente a tutti di vedere in qualche modo.

 

By Letizia Rogolino

Il cinema e la scrittura sono le compagne di viaggio di cui non posso fare a meno. Quando sono in sala, si spengono le luci e il proiettore inizia a girare, sono nella mia dimensione :)! Discepola dell' indimenticabile Nora Ephron, tra i miei registi preferiti posso menzionare Steven Spielberg, Tim Burton, Ferzan Ozpetek, Quentin Tarantino, Hitchcock e Robert Zemeckis. Oltre il cinema, l'altra mia droga? Le serie tv, lo ammetto!

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