Alaska, la recensione del film di Claudio Cupellini

Alla Festa del Cinema di Roma è stato presentato Alaska, il nuovo film di Claudio Cupellini, regista di Una Vita Tranquilla e alcuni episodi di Gomorra – La Serie. Elio Germano e l’attrice francese Astrid Bergès Frisbey sono i protagonisti di una storia d’amore intensa e coinvolgente iniziata per caso sui tetti di Parigi, per poi spostarsi nel grigio paesaggio milanese verso una graduale distruzione.

Nadine è una ragazza francese di vent’anni che deve dare un senso alla sua vita e, dopo aver fatto un provino inizia la sua carriera come modella. L’incontro imprevisto con Fausto, cameriere di un albergo di lusso, mette in discussione i suoi piani e scuote bruscamente la sua esistenza che, da quel momento in poi non sarà più la stessa. I due si innamorano ma non riescono a vivere il loro amore serenamente. Si ritrovano a lottare contro un destino tiranno che li mette di fronte a scelte difficile e drammi personali che minano profondamente il loro rapporto. Seguendo la struttura narrativa e lo stile del cinema francese più tradizionale, i personaggi di Cupellini si rincorrono e si scontrano per ritrovare alla fine un’intesa all’interno di una storia drammatica e struggente che si alleggerisce soltanto nel finale con una piccola dose di ironia. Alaska ha un buon ritmo e Germano insieme alla collega Frisbey tiene la scena con grande carisma ed espressività, coinvolgendo lo spettatore nel dolore e nell’ inadeguatezza di una coppia legata da un forte sentimento, ma incapace di stare insieme. Alla base del disordine e della negatività che irrompono nella vita dei due protagonisti c’è l’egoismo di Fausto, un ragazzo di origini umili che vuole riscattarsi assumendo potere e raggiungendo una buona posizione all’interno della società. Questa sua corsa alla bella vita però gli fa accantonare l’amore, l’etica e la sua identità facendo del male a tutte le persone che lo circondano.

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Cupellini riesce a portare sullo schermo un buon film, forte ed emozionante, che racconta una storia d’amore toccando contemporaneamente temi importanti come la precarietà nel mondo del lavoro attuale e l’incertezza del futuro che può essere meno difficile da affrontare in due. Tuttavia il film risente di troppa carne al fuoco, poichè la sceneggiatura è troppo carica di drammi superflui e situazioni paradossali non necessarie. L’attenzione tende a disperdersi impoverendo l’effetto emotivo della storia, più efficace se ci si concentrasse sui tratti fondamentali. 

 

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By Letizia Rogolino

Il cinema e la scrittura sono le compagne di viaggio di cui non posso fare a meno. Quando sono in sala, si spengono le luci e il proiettore inizia a girare, sono nella mia dimensione :)! Discepola dell' indimenticabile Nora Ephron, tra i miei registi preferiti posso menzionare Steven Spielberg, Tim Burton, Ferzan Ozpetek, Quentin Tarantino, Hitchcock e Robert Zemeckis. Oltre il cinema, l'altra mia droga? Le serie tv, lo ammetto!

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