Il lancio di una nuova pellicola di James Bond è sempre caratterizzato da numeri record, e anche Spectre, ventiquattresimo episodio della saga uscito nelle sale italiane il 5 novembre scorso non fa eccezione, confermandosi come uno dei maggiori successi al botteghino per quest’anno, avendo totalizzato a soli quattro giorni dall’uscita incassi superiori ai 5 milioni di euro. Gli ingredienti che da oltre cinquant’anni garantiscono il successo delle pellicole dedicate all’agente segreto al servizio di sua Maestà li ritroviamo tutti anche questa volta; combattimenti corpo a corpo, bellissime donne – una Monica Bellucci cinquantunenne interpreta in Spectre una Bond-lady dal fascino decisamente maturo – effetti speciali e scene di inseguimenti mozzafiato a bordo di motoscafi, elicotteri ma soprattutto, bolidi dai molti cavalli, inseparabili compagni di avventure del’eroe uscito dalla penna di Ian Fleming. In occasione di Spectre, il regista Sam Mendes ha puntato decisamente sulla tradizione, e con il modello DB10, coupé a due porte progettato e realizzato a tempo di record su espressa richiesta della produzione, ha rinnovato il sodalizio con la Aston Martin, casa automobilistica che incarna per antonomasia il gusto per l’alta velocità dell’agente con licenza di uccidere.
Il connubio tra i bolidi della storica casa inglese e James Bond ha inizio nel lontano 1964, quando in Missione Goldfinger – terzo episodio della serie – Sean Connery abbandona la Bentley Continental con primitivo radiotelefono che lo accompagna in Dalla Russia con amore (il secondo episodio, datato 1963), ed è protagonista alcune indimenticabili scene di inseguimento ambientate sui tornanti delle Alpi svizzere, al volante di una DB5 equipaggiata di tutto punto, con tanto di mitragliatrici, sedili eiettabili e set di targhe intercambiabili. Il successo del film è tale da spingere i produttori a usare lo stesso identico veicolo – dotato questa volta di un cannone ad acqua posteriore – anche per l’episodio successivo, Thunderball: Operazione Tuono (1965), mentre in Al servizio di Sua Maestà (1969), primo film della serie senza la partecipazione di Sean Connery, l’agente Bond interpretato da George Lazenby è al volante di una DBS, sempre prodotta dalla Aston Martin.
Dopo un’assenza dallo schermo durata quasi 20 anni , le vetture della casa automobilistica di Warwick tornano ad accompagnare la spia più famosa del pianeta in 007 – Zona Pericolo (1987), con il debutto di Timothy Dalton nei panni del personaggio, mentre 7 anni dopo, Goldeneye si contraddistingue per l’autocitazione, con la DB5 nuovamente protagonista di un memorabile duello ad alta velocità che nelle colline a ridosso di Montecarlo la oppone alla Ferrari F355 guidata dalla algida Xenia Onatopp. In La morte può attendere, del 2002, James Bond, sempre interpretato da Pierce Brosnan, sarà alla guida di una V12 Vanquish, che oltre all’immancabile dotazione di accessori decisamente fuori dal comune è anche in grado di diventare invisibile e mimetizzarsi con l’ambiente circostante, venendo per questo motivo ribattezzata Vanish da Q, il l’indimenticabile fabbricante di gadgets che ritroviamo in tutti gli episodi della serie. Infine, per venire a tempi più recenti, saranno addirittura due i modelli della Aston Martin presenti in Casino Royale, che nel 2006 segna il debutto di Daniel Craig come protagonista della serie: una DB5 coupè, vinta a poker contro il cattivo di turno, Dimitrios, e una DBS 12 con la famosa chiave realizzata in diamante.