31, sanguinaria guerra fra poveri nel nuovo slasher di Rob Zombie

Entrare nel mondo folle e spietato di Rob Zombie richiede certamente una buona dose di coraggio. Tutti coloro che lo seguono da tempo, anche in ambito musicale, sono stati abituati nel corso degli anni alle stranezze più inimmaginabili, che hanno pian piano affollato un immaginario surreale e grottesco fatto di lupi mannari nazisti e alieni ninfomani. Non è quindi strano che un autore dalla così forte personalità sia riuscito a farsi spazio nel panorama del cinema horror contemporaneo, dal suo folgorante esordio de La casa dei 1000 corpi, passando per i due sorprendenti remake di Halloween.

Nel 2012 il regista americano imbocca uno nuova strada con il discusso Le streghe di Salem, esperimento in cui il terrore fisico dei primi lavori si contamina con la strabordante estetica pop dei suoi videoclip musicali. Il responso non è particolarmente positivo, e il progetto viene giudicato da molti fuori dalle sue corde. Dopo quattro anni il fondatore dei White Zombie torna sul panorama cinematografico con un nuovo progetto interamente finanziato tramite crowdfunding dai propri fan: 31, in cui decide di ripercorrere strade già battute in precedenza e di mescolare nel calderone alcuni degli elementi caratteristici del suo cinema estremo.

rob zombie

La ferocia della borghesia e la lotta tra poveri

Zombie volge lo sguardo indietro non solo al passato della sua carriera da regista, ma a quello del cinema horror più in generale, fuggendo come sempre dalle mode contemporanee del paranormale e realizzando uno slasher crudo e carnale, che affonda le sue radici nel mondo di Tobe Hooper (le immagini in super 8 che aprono il film ricordano proprio quelle del suo capolavoro del 1974). La trama, come da tradizione anni ’70, è ridotta ai minimi termini: un gruppo di artisti circensi, dispersi nella desolata countryside americana, vengono rapiti da un gruppo di folli aristocratici (e il pensiero non può non andare a Eli Roth e al suo Hostel), che il 31 ottobre di ogni anno imbastiscono un mortale gioco in cui costringono poveri malcapitati a dover lottare per la propria sopravvivenza contro alcuni assassini psicotici che vogliono ucciderli.

Il sottotesto di questo 31 è quello della lotta di classe, di una borghesia autoreferenziale che decide di mettere in scena il proprio gioco al massacro, trattando i più deboli come veri e propri animali da mandare al macello. Quella che si svolge nella sanguinaria arena del gioco non è altro che una tragica guerra tra poveri, in quanto vittime e carnefici sono accomunati dalla stessa (bassa) estrazione sociale. Rob Zombie, però, riesce a conferire attraverso una caratterizzazione malsana e sopra le righe, carisma e pathos ai suoi personaggi, tra cui spicca il Doom Head incarnato da Richard Brake: caratterista gallese destinato a ricoprire un posto speciale nella assurda galleria di personaggi partoriti dalla mente del regista, alla stregua del celebre Capitano Spaulding di Sid Haig. Da menzionare, inoltre, anche gli altri inquietanti comprimari: come un nanetto sosia di Hitler o due fratelli clown armati di motosega e amanti delle battute “spinte”.

zom3

Fra Tobe Hooper e Sam Peckinpah

Dai tempi de La casa del Diavolo si era già intuito come Peckinpah fosse uno dei modelli prediletti di Rob Zombie, e anche in questo 31 il regista americano infarcisce il film con freeze frame alla Il mucchio selvaggio e rallenty in stile Pat Garrett e Billy Kid. Le scene di azione non sono girate con una tecnica sopraffina, né condite con coreografie studiate, ma riprese attraverso una tecnica “shaky” volutamente confusa e schizofrenica, in grado di trasmettere la brutalità e la ferocia dei combattimenti.

Anche la carneficina di 31, come avviene in tutte le storie di Zombie, si svolge impunemente in un angolo sperduto della America profonda, “senza Dio” (come recitano alcuni cartelli sulla strada) e senza legge. Il ritratto è quello di un Paese lasciato allo sbando e abbandonato a se stesso, dove i crimini più efferati possono essere compiuti senza la preoccupazione di eventuali conseguenze (un topos ripreso anche nella più recente saga australiana di Wolf Creek). Il film inizia come Non aprite quella porta, prosegue come un folle e delirante slasher, e si conclude con una memorabile sequenza finale alla Sergio Leone.

zom

Un film minore senza rinunciare al proprio stile

Data la libertà totale di cui ha goduto il progetto, ci si aspettava sicuramente qualcosa di più dirompente da Zombie, che con la pellicola precedente aveva dimostrato di poter percorrere strade diverse dal classico slasher. Quella che invece ci si ritrova fra le mani è una pellicola divertente e ben confezionata, che gode di personaggi surreali e iconici e di atmosfere inquietanti, ma che non riesce mai a varcare il confine di genere, né tantomeno a innovare o sperimentare qualcosa di nuovo. I fan del regista americano troveranno sicuramente pane per i loro denti, così come gli amanti di un intrattenimento estremo e gore, ma il film difficilmente riuscirà a conquistare il cuore di quelli che non hanno mai amato il papà de La casa del Diavolo.

Nella incertezza di una eventuale uscita nel nostro Paese, consigliamo la visione di 31 a tutti coloro che non aspettavano altro che immergersi nuovamente nel folle e truculento immaginario del regista, o a chi cerca semplicemente uno slasher di qualità con cui passare una serata con amici appassionati. I tanti cultori della violenza cinematografica “uncut”, inoltre, troveranno sicuramente materiale con cui divertirsi nella già annunciata versione non censurata per il mercato home-video. In conclusione, è impossibile non notare come anche in un film minore come questo la mano di Rob Zombie sia presente e ben visibile. Il cineasta/musicista si dimostra ancora una volta uno dei nomi più forti nel panorama horror contemporaneo, in grado di risultare interessante e convincente anche su progetti più piccoli e spiccatamente fan-service come questo suo ultimo lavoro. Rimane comunque la speranza per il futuro che Zombie possa finalmente emanciparsi dal suo canovaccio più classico e dedicarsi a progetti più coraggiosi e stimolanti di questo.

(Il film è disponibile da qualche giorno sulle principali piattaforme digitali americane)

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

Related Post