Every Nigger is a Star”, sulle note di Boris Gardner si apre Moonlight, il dramma di Barry Jenkins presentato in anteprima all’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.

Interpretato da Mahershala Ali, Janelle Monàe e Naomie Harris, Moonlight racconta la storia di Chiron, un ragazzo imprigionato in una realtà da cui è impossibile sfuggire. Abbandonato dal padre e legato a una madre tossicodipendente, Chiron affronta il passaggio dall’infanzia all’età adulta senza crescere veramente. Lo aiuteranno Juan (Mahershala Ali) e Teresa (Janelle Monàe), due sconosciuti disposti a dargli l’unica cosa di cui ha bisogno, l’amore.

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Tre capitoli, un’anima

Moonlight

è più di un semplice film, ma una trilogia raccontata in una storia. Diviso in tre capitoli che affrontano l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta del protagonista, Moonlight mette in scena una realtà in cui i personaggi parlano senza avere voce. Un circolo in cui le scelte sbagliate di Juan diventano l’ epilogo di Chiron, un adolescente ingobbito dai dolori della vita e terrorizzato dalla possibilità di essere gay. Non tanto per ciò che significa o rappresenta l’omosessualità, di cui non conosce neanche il significato, ma per il tormento che vive ogni giorno a scuola, dove i bulli lo umiliano per le sue insicurezze.

Sospeso tra le atmosfere black di Spike Lee e l’animo rivoluzionario di Kubrick, di cui le solenni musiche di Nicholas Britell echeggiano l’iconico accompagnamento di Leonard Rosenman di Barry Lindon, Moonlight racconta la genesi di un bullo. Un ragazzo che, dietro agli atteggiamenti violenti e all’aria da duro, cela una profonda insicurezza e una totale non accettazione di se stesso. Un argomento forte che caratterizza un’opera umana come i suoi personaggi, vittime di un sistema violento in cui per emergere, o per sopravvivere, bisogna mutare la propria natura. Chiron passa da timido adolescente a leader di una banda di droga ma quando lo chiama Kevin, l’amico di infanzia, torna l’impacciato di sempre. Un’anima pura che, dietro le catene da gangster e i denti d’oro, lancia solo una richiesta d’aiuto. O d’amore…

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Un dramma profondo, uno sguardo reale

Sono tanti i temi trattati da Barry Jenkins in Moonlight. Un dramma che, parlando di bullismo, tematiche lgbgt, accettazione e trasformazione, riprende i suoi protagonisti senza metterli a fuoco. Un capolavoro che, raccontando la storia del suo antieroe, mette in luce il mondo che lo circonda, troppo ruvido e violento per comprendere le sue fragilità.

Aggiornando in chiave black l’omosessualità al cinema, Moonlight utilizza una delicatezza e una poesia rare sul grande schermo. Il dolore è palpabile ma mai evidente, come la sofferenza del protagonista, resa unica da tre attori profondamente differenti tra di loro. Un risultato che con poetica semplicità stupisce attraverso l’epopea di Chiron e di tanti ragazzi come lui, costretti dalle violenze della società a essere diversi da quello che sono.

Dopo una serie di corti di straordinario interesse e l’ammirevole Medicine for Melancholy, Jenkins ci regala Moonlight, un lungometraggio che, puntando dritto agli Oscar, apre nel migliore dei modi l’undicesima edizione del Festival di Roma.

Trailer Moonlight

By Carlo Andriani

Segnato da un amore incondizionato per la settima arte, cresciuto a pane e cinema e sopravvissuto ai Festival Internazionali di Venezia, Berlino e Cannes. Sono sufficienti poche parole per classificare il mio lavoro, diviso tra l’attenta redazione di approfondimenti su cinema, tv e musica e interviste a grandi personalità come Robert Downey Jr., Hugh Laurie, Tom Hiddleston e tanti altri.

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