Gold – La grande truffa, la recensione del nuovo film con Matthew McConaughey

È un Matthew McConaughey grasso e calvo quello messo in scena da Stephen Gaghan nel nuovo Gold – La grande truffa, parabola del cercatore d’oro Kenny Wells. Ridotto ormai sul lastrico, l’imprenditore americano si imbarca insieme al vecchio compagno di business Mike Acosta (anche lui in disgrazia dopo una carriera di successi) in una economicamente rischiosa missione nel Borneo, alla ricerca di una miniera di oro a lungo chiacchierata ma mai scoperta per davvero. Da lì a poco la ricerca fisica per le pepite si trasferirà nelle stanze dei bottoni di Wall Street, per l’inseguimento di fondi ed investitori. Dopo una serie di rifiuti e sberleffi, tutti sono pronti a salire di nuovo sul carro di Kenny Wells.

Il paragone più banale che può venire in mente è quello con The Wolf of Wall Street, vero punto di non ritorno per i lavori che si apprestano a raccontare sul grande schermo salite al successo e rovinose cadute. Ma se Scorsese disegnava con la macchina da presa spirali da cui non si poteva più uscire e dipingeva la mancanza di morale quasi compiacendosi degli eccessi, il lavoro di Gaghan cerca sempre un equilibrio. E forse proprio questa sua classicità nella narrazione, lontana da quella febbrile del maestro della New Hollywood ma anche da quella pop di Adam McKay, non permette a Gold di spiccare nel panorama di pellicole che trattano la stessa tematica. Come spesso accade quando il ruolo da protagonista è affidato ad un attore così importante, ogni scena ed ogni situazione sembra studiata per mostrare il talento di Matthew McConaughey, credibile ed impeccabile nei panni di Wells. Decisamente meno riuscite sono invece le parti che coinvolgono Bryce Dallas Howard, dato che il rapporto amoroso tra i due non riesce a mostrare nessun lato inedito dei personaggi coinvolti.

Ma se in The Wolf of Wall Street si “scalava” verso la cima e ci si faceva di coca “to get high”, in Gold si scava e si scende in basso. Non ci sono le feste in piscina ed il sole che acceca, ma laghi con acqua sporca e piogge torrenziali. I personaggi non si sporcano solo le mani, ma si sdraiano nel fango e si ricoprono di terra. Wells ha la passione per il metal come il Michael Burry de La grande scommessa, ma la sete di denaro di Jordan Belfort. E Gold non è solo una storia di soldi liquidi, di capitali invisibili, ma anche di pepite e lingotti, con un loro peso specifico ed una loro consistenza. Quello che importa non è il denaro ma l’oro, quello che “senti sulla punta della lingua”. Questa è la storia di Kenny Wells. Procione di Wolf Street.

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

Related Post