Venezia 75, Roma: un monumento a Fellini che usa il reale per fare cinema

Se c’è una cosa che rende davvero straordinario Roma è la maniera con la quale Alfonso Cuarón riesce a rielaborare i propri ricordi (quindi fatti davvero accaduti e legati alla sua infanzia) e la memoria storica del proprio Paese, restituendo comunque allo spettatore una visione idealista del mondo che è propria solo del cinema di finzione e non della realtà che questo mette in scena. Nella nuova opera del regista messicano, che guarda a Fellini nell’uso del bianco e nero e nella messa in scena, c’è quindi una storia inter-classista (non così diversa da quella che già c’era in Y tu mamá tambiénche unisce la medio borghesia ai popolani, i quali sono accolti dai loro “datori di lavoro” con l’amore e la tenerezza che questi sono soliti riservare solo ai loro figli. 

Il quartiere di Città del Messico messo in scena da Cuarón vive in ogni istante di piccoli rumori, di frasi che si sovrappongono a quelle dei personaggi nella cacofonia tipica delle periferie più popolose, di brevi comparse che si affacciano nel campo visivo per uscirne dopo pochi secondi, ma che sono segno di una umanità strabordante che per definizione non può essere tenuta a bada e che neanche il linguaggio del cinema può essere in grado di isolare fuori dalla scena. 

Roma: un film di Cuarón per Cuarón

La ricostruzione degli ambienti messicani degli anni ’70 è talmente precisa e minuziosa da lasciare attoniti: ogni scena è densa di dettagli che si accumulano sullo sfondo e che non sempre servono uno scopo nella narrazione, ma sono i ricordi che Cuarón ha strappato al suo passato per fissarli in 65mm (molti dei mobili utilizzati nelle scenografie sono esattamente quelli che arredavano i posti frequentati decenni fa dal regista). Come già in Gravity, il cineasta messicano non nasconde la propria predilezione verso il genere femminile, il solo in grado di accudire e proteggere, che in ogni modo deve difendersi da quello maschile, distruttivo e mai in grado di unire ma solo di dividere.

Cuarón adotta, con le dovute differenze, un metodo di lavorazione simile a  quello utilizzato nel nostro Paese solo da Matteo Garrone, che parte dalla scelta degli attori (non professionisti) e prosegue con loro un percorso il cui risultato è per forza di cose quello più coerente possibile. La sceneggiatura viene costantemente rimaneggiata a seconda delle esigenze che emergono durante il processo creativo ed ogni scena viene girata in ordine, affinché il percorso degli attori sia lo stesso di quello dei personaggi che interpretano. È anche per questa ragione che le protagoniste di Roma sono dotate di una naturalezza che le rende credibili anche nelle situazioni che, pur prendendo il via da fatti realmente accaduti, sono una trasposizione cinematografica (e quindi artificiosa) degli stessi.

Roma: opera circolare che racchiude la filmografia del suo autore

In Roma ci sono le inquadrature di Y tu mamá también, i piani sequenza tra gli spari che ricordano quelli de I figli degli uomini e persino alcuni secondi estrapolati da Abbandonati nello spazio, che spiegano l’ispirazione che si nasconde dietro Gravity. Quello di Cuarón (qui regista, sceneggiatore, produttore e direttore della fotografia) è quindi anche un film che racchiude la sua filmografia, la rielabora e la restituisce al pubblico. Ed è forse proprio l’origine così personale del progetto ad impedire a questo film di lacerante bellezza di compiere il passo definitivo per elevarsi al di sopra della nostalgia che mette in scena con così tanta passione, ovvero riuscire ad intrecciare le tre storie di Roma (quella della famiglia Cuarón, quella di Cleo e quella del Messico) affinché ciascuna di esse divenga chiave di lettura delle altre due. Alla fine, comunque, Roma rimane un affresco di rara efficacia, che comincia con l’acqua di una pozzanghera in cui si riflette la Storia e termina con quella del mare, che invece vorrebbe inghiottire donne e bambini. Persone le cui storie individuali non emergono dalla lettura dei libri di testo ma possono essere consegnate alla memoria di tutti solo attraverso il cinema. 

Roma – TRAILER

https://www.youtube.com/watch?v=fp_i7cnOgbQ

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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