Disobedience, la recensione del thriller sensuale di Sebastian Lelio

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Londra, giorni nostri. Esti (Rachel McAdams) e Ronit (Rachel Weisz) sono due donne nate e cresciute nella comunità ebraica ortodossa londinese, e all’interno di un triangolo emotivo molto forte che lega da sempre entrambe all’amico comune Dovid (Alessandro Nivola). Le due donne hanno però perseguito due strade completamente diverse; e se Enit, fragile e bisognosa di conferme, ha scelto infine di sposare Dovid, Ronit, indipendente e anticonformista, ha invece cercato e trovato il successo come fotografa nella libera e lontana New York. Dopo molti anni, però, in occasione della morte del padre di Ronit, osannato rabbino e figura di riferimento della comunità ebraica, le due donne si ritroveranno. E l’occasione di ricongiungimento si dimostrerà inevitabilmente galeotta, costringendole a ritrovare e fare nuovamente i conti con quel sentimento e quel legame messi forzatamente a tacere anni addietro, per sfuggire al giudizio di una comunità profondamente bigotta, ancorata e sottomessa a rigide ‘regole morali’. 

Sebastian Lelio, apprezzato regista di Gloria e Una donna fantastica (Premio Oscar come Miglior Film Straniero nel 2018), adatta per il grande schermo Disobedience, basato sull’omonimo romanzo di Naomi Alderman. L’opera del regista cileno costruisce una sorta di thriller dei sentimenti, alimentando un’atmosfera emotiva sospesa e dalla doppia anima, contesa tra passione e giudizio, voglia di libertà e coercizione sociale. Disobedience segue infatti, all’interno di una realtà fortemente imbrigliata nei diktat comunitari e religiosi di riferimento, l’afflato di due donne legate da un sentimento irrinunciabile che si scontra a più riprese, e a distanza di anni, con il rigoroso contesto sociale.

Nonostante la bravura e l’alchimia delle due protagoniste, e la riproduzione affascinante di una coinvolgente suspense emotiva, Disobedience si perde però nelle molte tematiche che mette in campo: l’amore represso, il legame con una figura di padre ingombrante, la vocazione al proprio credo, la dipendenza e voglia di libertà che si scontrano nell’economia dei legami messi in campo. Troppe riflessione e troppe strade narrative che stentano a convergere verso un obiettivo comune e che in qualche modo ‘deragliano’ il film impedendo un coinvolgimento profondo alla storia. Una confezione affascinante che paga dunque lo scotto di una struttura narrativa non altrettanto funzionale. 

Disobedience, la recensione del thriller sensuale di Sebastian Lelio
2.5 Punteggio
Pro
protagoniste, atmosfera, musiche
Contro
sceneggiatura, dialoghi, durata
Riepilogo Recensione
Il regista cileno Sebastian Lelio, Premio Oscar Miglior film straniero nel 2018 con Una donna fantastica, confeziona un’opera che ha il profilo del thriller emotivo. Inseguendo il legame impossibile tra le due belle protagoniste Esti e Ronit rispettivamente interpretate da Rachel McAdams e Rachel Weisz, Disobedience parla con voce rotta di sentimenti forti che si scontrano con le dure convenzioni sociali. Eppure, il pathos del film emerge solo a metà, ostacolato dell'eccessiva mole di tematiche e fili narrativi che Lelio sceglie di mettere in campo. 
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

By Elena Pedoto

In me la passione per il cinema non è stata fulminea, ma è cresciuta nel tempo, diventando però da un certo punto in poi una compagna di viaggio a dir poco irrinunciabile. Harry ti presento Sally e Quattro matrimoni e un funerale sono da sempre i miei due capisaldi in fatto di cinema (lato commedia), anche se poi – crescendo e “maturando” – mi sono avvicinata sempre di più e con più convinzione al cinema d’autore cosiddetto di “nicchia”, tanto che oggi scalpito letteralmente nell’attesa di vedere ai Festival (toglietemi tutto ma non il mio Cannes) un nuovo film francese, russo, rumeno, iraniano, turco… Lo so, non sono proprio gusti adatti ad ogni palato, ma con il tempo (diciamo pure vecchiaia) si impara anche ad amare il fatto di poter essere una voce fuori dal coro...

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