La Paranza dei Bambini, la recensione del film ispirato al romanzo di Saviano

la paranza dei bambini

Napoli, Rione Sanità, 2018. Nicola, Tyson, Biscottino, Lollipop, O’Russ e Briatò hanno quindici anni: sono poco più che bambini e ancora molto lontani dall’essere adulti. Ma la loro voglia di giocare a fare i grandi è già più forte di ogni altra cosa. Nati e cresciuti in un mondo senza regole (fatta eccezione per la regola della violenza), dove per ottenere qualcosa devi “appartenere” a qualche pezzo grosso e comandartela, i sei amici cercheranno di mettere al meglio in gioco la loro intraprendenza e voglia di fare pur di accorciare le distanze con quel mondo adulto di soldi, potere e successo che li attrae così inesorabilmente. Ma proprio come pesci abbagliati dalle luci ipnotiche della paranza – “Paranza è nome di barche che vanno a caccia di pesci da ingannare con la luce” – la loro è un’illusione di salvezza che spesso conduce alla deriva, se non addirittura alla morte.

la paranza dei bambini recensione

Adattando per il grande schermo l’omonimo best seller di Roberto Saviano (edito in Italia da Feltrinelli), Claudio Giovannesi porta al cinema un racconto di formazione ambientato in una Napoli contemporanea che vive come ogni altro luogo di un consumismo giovane fatto di smartphone, costosi vestiti alla moda, serate in discoteca, ma che di contro è anche inesorabilmente dominata dalla supremazia di delinquenza e malavita. Contesi tra i primi amori adolescenziali e il fascino adulto di una pistola che spara per assicurarsi il potere della piazza, i protagonisti de La paranza dei bambini sono bambini divenuti fin troppo presto adulti, trasformati non per scelta ma per necessità in un branco di pesci facilmente adescabili. Quel sogno facile di pagare 500 euro per il tavolo vip in discoteca, impressionare le ragazze, indossare un paio di fiammanti scarpe firmate, che spinge facilmente un branco di ingenui e innocenti verso un sogno di riscatto che è invece facile miraggio, e che può in breve tempo mutare in sofferenza, sangue e orrore.

Come per gli altri lavori precedenti (in particolare Alì ha gli occhi azzurri del 2012 e Fiore del 2016) Giovannesi punta in particolar modo a tirare fuori la storia attraverso i volti incisivi dei suoi protagonisti. Credibili e veraci, i sei piccoli ‘scugnizzi’ del film incarnano una realtà fatta di gioventù macchiate e spezzate con un realismo che coinvolge e infine convince. La paranza dei bambini racconta una storia semplice in maniera lineare e scarna, trovando il giusto compromesso tra narrazione e riflessione, intrattenimento e profondità di sguardo. Sempre in motorino, anche in tre, senza casco e costantemente contromano, i “bambini mancati” di Giovannesi scorazzano infatti lungo il bordo vertiginoso di un mondo che bambino non è affatto, e che di spensierato non ha praticamente nulla. Una marcia inquietante di motorini che incarna un piccolo esercito di soldati bambini, armati solo della loro incoscienza e di un tutorial su come usare un mitra.

la paranza giovannesi

Essenziale nel suo modo di raccontare un’infanzia negata, La paranza dei bambini tiene a mente la lezione pasoliniana di un degrado indotto da una povertà (culturale e morale) inglobante, e racconta le ombre profonde della società attraverso uno spirito di sopravvivenza invidiabile, e la corsa affannosa verso una luce che quasi mai si rivela salvifica.

La Paranza dei Bambini, la recensione del film ispirato al romanzo di Saviano
4 Punteggio
Pro
Ottimo cast Emozionante Realistico
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

By Elena Pedoto

In me la passione per il cinema non è stata fulminea, ma è cresciuta nel tempo, diventando però da un certo punto in poi una compagna di viaggio a dir poco irrinunciabile. Harry ti presento Sally e Quattro matrimoni e un funerale sono da sempre i miei due capisaldi in fatto di cinema (lato commedia), anche se poi – crescendo e “maturando” – mi sono avvicinata sempre di più e con più convinzione al cinema d’autore cosiddetto di “nicchia”, tanto che oggi scalpito letteralmente nell’attesa di vedere ai Festival (toglietemi tutto ma non il mio Cannes) un nuovo film francese, russo, rumeno, iraniano, turco… Lo so, non sono proprio gusti adatti ad ogni palato, ma con il tempo (diciamo pure vecchiaia) si impara anche ad amare il fatto di poter essere una voce fuori dal coro...

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