Cannes 74 | I’m so sorry, il doloroso avvertimento di Zhao Liang sui pericoli del nucleare

C’è qualcosa di completamente nuovo in I’m so sorry, nuovo documentario (ma sarebbe meglio dire “saggio per immagini”) di Zhao Liang, già in Concorso al Festival del Cinema di Venezia con l’acclamato Behemoth. Rispetto a quel film del 2015, in cui emergeva una visione herzoghiana della natura, impossibile da controllare per l’uomo, che è invece sempre in balia di essa, adesso il suo nuovo film, presentato alla 74esima edizione del Festival di Cannes nella sezione Cinema for the Climate, riflette sulle conseguenze dell’energia nucleare cominciando proprio dai danni causati sull’ecosistema: la scomparsa delle api per impollinare i fiori, la contaminazione delle acque, l’aridità del terreno. 

Parallelamente, I’m so sorry racconta anche del disperato tentativo di quelle pochissime persone che, nella zona di esclusione di Chernobyl, così come nelle zone più vicine al luogo del disastro di Fukushima, tentano di rimediare, con le loro singole forze, ripartendo dal loro orticello, ai danni provocati da un intero sistema capitalistico che ha preferito pensare all’immediato benessere economico, rinunciando alla lungimiranza che sarebbe servita alle successive generazioni per poter vivere in un mondo diverso e migliore. 

Il nuovo film di Zhao Liang

Zhao Liang si sofferma per interi minuti sui volti delle persone intervistate, in una estenuante sfida con il loro sguardo, e analizza in maniera chirurgica le ferite e le cicatrici di territori ormai completamente abbandonati, luoghi di fantasmi e di sciamani. Il regista cinese sceglie stavolta di non sublimare il dolore e la sofferenza attraverso le sue immagini di straordinaria bellezza compositiva, ma lo fa emergere in maniera quasi straziante in più occasioni.

Soffermandosi con curiosità quasi antropologica sui lavoratori che ancora oggi sono occupati nelle zone contaminate con il compito di radere al suolo quel poco che lì è rimasto e di ripulire l’area in una totale operazione di appiattimento e livellamento, il film fa proprie queste sconfinate aree pianeggianti, che non serviranno mai un nuovo scopo e non accoglieranno mai nuove persone in grado di restituire loro un aspetto geografico diverso dalla tabula rasa. I decontaminatori eradicano alberi, rimuovono la terra da sotto ai loro piedi, ma non preparano il campo per chi verrà dopo di loro: è un ultimo, forse definitivo, rastrellamento.

Un saggio per immagini

Zhao Liang, come una guida dall’oltretomba, deplora con linguaggio poetico le conseguenze della follia dell’uomo, che conduce all’autodistruzione. Quanto pesano gli ambientalisti che chiedono giustizia climatica e rispetto dell’ambiente? E quanto contano, nell’ottica di una globale battaglia per combattere il cambiamento climatico, le diverse strategie adottate nelle diverse parti del mondo e le diverse sensibilità delle loro popolazioni rispetto a questi temi? I’m so sorry non risponde compiutamente a queste domande, ma affida ad una suggestiva ripresa sotterranea, ambientata nel deposito geologico di Onkalo, in Finlandia, il compito di immaginare il futuro.

Come faremo a spiegare cosa c’è in quel deposito agli umani che vivranno tra centomila anni? E come saranno gli umani di quell’epoca? Che lingua parleranno? Saranno più evoluti di noi o vivranno in una nuova età del bronzo? Una delle cose che i progettisti di Onkalo dovranno decidere è che tipo di messaggi lasciare fuori dalla struttura per segnalare la presenza del pericolo a chi verrà dopo di loro. Nulla esclude che Onkalo sarà un giorno l’unica testimonianza della civiltà del ventunesimo secolo. E che non ci sarà più nessuno a raccoglierla.  

Cannes 74 | I’m so sorry, il doloroso avvertimento di Zhao Liang sui pericoli del nucleare
3.5 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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