Diretto da Guy Nattiv e scritto da Nicholas Martin è stato presentato nella sezione Special Gala della 73° Berlinale. Ecco la nostra recensione.
Con una durata di 100 minuti, Golda vede nel ruolo di protagonista assoluta Helen Mirren accompagnata da nomi come Camille Cottin e Liev Schreiber. Non ha ancora una data d’uscita ufficiale per l’Italia, ma è confermata la distribuzione grazie a 01 Distribution.
Golda: la trama del film
Golda Meir
, prima premier donna d’Israele nota come “lady di ferro” israeliana, affronta molteplici difficoltà nella sua vita tra cui la guerra del Kippur, conosciuta come guerra israelo-araba del 1973. Gli eserciti di Egitto, Siria e Giordania conducono un attacco a sorpresa attraversando il Canale di Suez e penetrando nel Golan.
Gli israeliani si trovano in grande difficoltà e in minoranza numerica dal punto di vista militare e così la premier si trova a dover prendere da sola decisioni molto importanti e delicate. La frustrazione di sentirsi isolata in un governo di soli uomini è per lei una sfida molto dura che cerca di contrastare con grande prontezza e avendo inoltre il personale obiettivo di salvare il maggior numero di vite umane.
Non il solito war movie
Concepito come un war-movie biografico, si allontana in parte da questa etichetta non essendo realmente un biopic convenzionale. Il film si relaziona infatti al ruolo politico di Golda Meir, limitandosi però soltanto a una fetta della sua esistenza e cercando di selezionare la chiave di lettura giusta, per farci conoscere la protagonista in modo intimo ed empatico, pur osservandola da questa piccola porzione di vita.
La premier israeliana ha dovuto affrontare situazioni davvero complicate e di enorme responsabilità nel corso del proprio mandato (dal 1969 al 1974), ed Helen Mirren chiamata ad interpretarla cattura l’essenza di tutto ciò. Espressività, make-up perfettamente realizzato, movenze, primissimi piani, un lavoro svolto ai massimi livelli per ottenere un risultato d’impersonificazione senza riserve.
Come confermato anche in conferenza stampa dalla stessa Mirren, le sedute estenuanti al trucco tanto quanto la costante sigaretta tra le dita, sono stati elementi caratterizzanti per il personaggio e totalmente incisivi per la riuscita interpretativa.
Helen Mirren avvolta nel fumo
È alquanto semplice ed automatico paragonare il film a L’ora più buia del 2017, dove un magico Gary Oldman (alias Winston Churchill) vinceva l’Oscar per un ruolo simile, anche se più avvincente. C’era la guerra, la politica, l’atmosfera biopic e chili di plasticoso trucco ad imbolsire il protagonista.
Qui in aggiunta gioca un ruolo fondamentale l’uso delle sigarette. Le vediamo accendersi ad ogni frame, ci evidenziano le dita ingiallite dal vizio e il costante fumo che offusca le inquadrature, come parallelismo della situazione annebbiata e critica che si sta vivendo.
Incubi, visioni, essere pressati dalle responsabilità fino a sentire quell’enorme peso dovuto alle perdite sul fronte. Ci viene ripetutamente sottolineato quando Golda sia una donna prima di tutto, che cucina torte, che prova sentimenti, che ci tiene a risparmiare vite.
Non è un soldato ma una combattente diplomatica che utilizza le parole al posto delle armi, provando per quanto possibile, a preservare l’integrità di chi come lei cerca una conclusione il meno cruenta possibile. Ci troviamo dunque di fronte ad un film che si regge sulle spalle della protagonista stessa e che finisce per essere il ritratto di una donna potente e strategica ma dal cuore umano.