Venezia 80: il ritorno di Roman Polanski | Le interviste al cast di The Palace

Il Cast di The Palace a Venezia 80 (Credits: Giorgio Zucchiatti/Biennale di Venezia)
Il Cast di The Palace a Venezia 80 (Credits: Giorgio Zucchiatti/Biennale di Venezia)

Il Cast di The Palace a Venezia 80 (Credits: Giorgio Zucchiatti/Biennale di Venezia)
Il Cast di The Palace a Venezia 80 (Credits: Giorgio Zucchiatti/Biennale di Venezia)

Al Lido di Venezia abbiamo incontrato l’affiatato e variegato cast di The Palace, nuovo film di Roman Polanski che arriverà nelle sale italiane il 28 settembre con 01 Distribution.

All’80esima Mostra del Cinema di Venezia è il giorno di The Palace: nuovo film di Roman Polanski, novant’anni compiuti da pochissimo. Una commedia assurda, nera e provocatoria, sullo sfondo della fine del 1999: non solo l’epilogo di un secolo, ma la fine di un intero e controverso millennio, con la paura del Millennium Bug che aleggia su tutti quanti.

«Il 1999 è l’anno in cui Yeltsin se ne va dalla Russia dopo averla svenduta all’Europa. È l’inizio della fine. Da quel momento arriverà Putin e darà in mano la Russia ad un manipolo di oligarchi e di miliardari arroganti. È un turning point fondamentale, che coincide anche con un momento di speranza, poi tradita ovviamente, in cui si pensava che il mondo sarebbe stato diverso e migliore. Putin sosteneva in televisione che non ci sarebbero state più guerre, come è documentato», ci spiega Luca Barbareschi, che di The Palace è anche produttore, oltre a comparire nel film con il personaggio di Bongo (pornoattore ormai in pensione, che viene ricordato solo da erotomani anche loro avanti con l’età).

Fanny Ardant al photocall per The Palace (Credits: Giorgio Zucchiatti/Biennale di Venezia)
Fanny Ardant al photocall per The Palace (Credits: Giorgio Zucchiatti/Biennale di Venezia)

La scelta di inserire il film, come anche lo scorso L’Ufficiale e la Spia, nella selezione ufficiale del festival (se pur fuori concorso) ha suscitato alcune polemiche, considerando i trascorsi di Polanski e la sua situazione giudiziaria non ancora risolta. Polemiche che lo stesso Barbareschi affronta di petto: «È assurdo che la Francia si sia piegata al politicamente corretto e abbia deciso di tradire uno dei suoi eroi. The Palace non ha attualmente una distribuzione francese e allora io mi chiedo cosa sia cambiato dallo scorso film, che hanno riempito di César (l’Oscar francese, ndr). Stesso discorso vale per le piattaforme streaming, che continuano ad ospitare i film di Polanski e monetizzare su di essi».

Parole dure arrivano anche da Fanny Ardant, amica di Polanski, con cui ha già lavorato in passato, che nel film veste il ruolo di una Marchesa fin troppo attaccata al suo chihuahua. «Come avviene oggi per tutte le cose, questa ondata moralizzatrice è cominciata dall’America e le democrazie europee hanno seguito a ruota come dei cagnolini», ha attaccato la Ardant. «Polanski è un amico, lo amo molto. Con lui avevo lavorato sul palcoscenico teatrale, quindi lo conoscevo già come un formidabile regista di attori e attrici. Quando ho letto la sceneggiatura, non ho avuto dubbi. Anche perché un personaggio così comico come la Marchesa non lo avevo mai interpretato».

Roman Polanski e Luca Barbareschi sul set del film (fonte: Biennale)
Roman Polanski e Luca Barbareschi sul set del film (fonte: Biennale)

«Quello di Polanski è cinema ai massimi livelli. Lavorare con lui è stato come assistere un maestro artigiano nella propria bottega. Come trovarsi nella bottega di Leonardo o di un grande pittore del passato. La sua cura nei dettagli è totale. E alla fine, anche quando le sue richieste sembravano assurde, andava a finire che aveva sempre ragione lui», commenta Fortunato Cerlino. «Nel mio caso, ad esempio, ha insistito con il costumista affinché spostasse tutti i bottoni della giacca che indossavo di qualche millimetro più in basso. Perché secondo lui, anche quello faceva la differenza. Ed è così. Il vestito, dopo la modifica, cadeva effettivamente meglio».

Di aneddoti come questi, che raccontano la totale dedizione di Polanski e l’attenzione anche al più piccolo dei dettagli, ne abbiamo raccolti da tutti i membri del cast. «Anche nel caso del personaggio della Marchesa, ha voluto rivedere personalmente il costume», ha aggiunto Fanny Ardant. «All’inizio il suo abbigliamento era molto più borghese, essendo uno dei pochi personaggi ad essere realmente nobile e non un’arricchita. Polanski ha insistito invece per il cuoio e per un look più rock n’roll, tipico di chi vuole dimostrare ancora grande vitalità nonostante l’età che avanza. È un personaggio che amo molto perché ha anche una sua malinconia. Nel Palace è da sola, non ha amici. E ha solo due grandi amori: quello per i cani e quello per i maschi».

Oliver Masucci al photocall per The Palace (Credits: Giorgio Zucchiatti/Biennale di Venezia)
Oliver Masucci al photocall per The Palace (Credits: Giorgio Zucchiatti/Biennale di Venezia)

«Noi eravamo esausti alla fine delle riprese, ma Polanski invece era ancora attivo e lucido anche dopo una faticosa giornata di lavoro. Ha 90 anni, ma noi lo abbiamo visto mettersi a quattro zampe e sgusciare sotto i tavoli del ristorante con il suo viewfinder come farebbe un ragazzino. Tutti noi abbiamo fatto molti film, ma con Polanski sembra di tornare nuovamente esordiente», racconta Joaquim de Almeida. «Gira sul set sempre con il suo viewfinder e con delle forbicine, che in un’occasione ha utilizzato per accorciarmi un po’ i capelli».

Anche Milan Peschel ha scherzato su questo controllo totale del regista su ogni compartimento del film (luci, costumi, sonoro): «Ho recitato quasi sempre senza scarpe, per accentuare la mia piccola statura rispetto alle altissime modelle russe di cui, da un certo punto del film, vengo circondato. Invece le scarpe, per le scene in cui dovevo indossarle, le sceglieva direttamente Roman».

Mattatore e vero protagonista di The Palace è però il pazientissimo e instancabile manager dell’hotel, superbamente interpretato da Oliver Masucci, che ci racconta forse l’aneddoto più clamoroso tra i tanti ascoltati: «In uno degli ultimi giorni, Polanski era stato ricoverato in ospedale a causa di un’infezione. Ha costruito la scena da girare dalla sua camera, con uno schermo a distanza, ma quando si è trattato di dare il ciak e controllare la ripresa, è venuto direttamente lui sul set, con l’ago della flebo ancora nel braccio. Se non è voglia di fare cinema, questa…».

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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