Presentato in anteprima assoluta al Sundance Film Festival, A Real Pain è sbarcato a Roma alla Festa del Cinema con tanto di messaggio da parte di Jesse Eisenberg.
In uscita nelle sale italiane il 27 febbraio 2025 il nuovo film di Jesse Eisenberg, al suo secondo lungometraggio da regista, lo vede anche come uno dei due volti protagonisti, affiancato da Kieran Culkin.
Partito a gennaio dal Sundance Film Festival, sede di numerosissimi titoli degni di nota, e passato poi dal New York Film Festival a inizio ottobre, questo delicato comedy-drama è finalmente approdato anche nella capitale nostrana.
Il noto attore Jesse Eisenberg, che come dicevamo ne ha firmato la regia ma anche la sceneggiatura e in parte la produzione, ha salutato il pubblico italiano con un simpatico videomessaggio che introduceva l’anteprima. Al fianco di Eisenberg, nelle vesti di produttrice troviamo anche Emma Stone, che probabilmente ha creduto nel progetto quanto nelle doti dell’artista statunitense.
Un viaggio nel dolore
Dopo aver conquistato dunque il pubblico americano, A Real Pain è pronto ora ad impreziosire il nutrito programma di Alice nella Città (sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma dedicata alle giovani generazioni) giunta alla sua 22esima edizione.
Il film segue la storia di due cugini, David (Jesse Eisenberg) e Benji (Kieran Culkin), in un tour attraverso la Polonia in onore dell’amata nonna da poco deceduta. L’avventura però, tra momenti simpatici e altri molto più intensi emotivamente, prenderà una svolta inaspettata quando i due dirotteranno questo viaggio verso una sorta di rinascita interiore, in cui le tensioni che celavano da tempo proveranno a trovare un rimedio.
Durata perfetta e scelte sagge
Appena 90 sono i minuti che compongono questo indie movie dal sapore familiare, capace di ramificarsi su delicate e appassionanti atmosfere, senza dimenticare mai la sua leggera vena comedy.
Una storia sincera e intima, che sfiora costantemente il punto di rottura verso il dramma più profondo, senza mai però abbandonarsi totalmente ad esso, ma al contrario lasciandolo in un certo senso sullo sfondo.
David e Benji sono due cugini uniti ma separati, il primo è diligente, inquadrato, con famiglia e casa a New York, l’altro è semplicemente rimasto indietro. I due erano tremendamente legati da ragazzini, almeno questo ci viene detto tra le righe mentre di tanto in tanto si ricordano momenti passati, ma non ci viene mai mostrato sullo schermo. Una scelta saggia a differenza di molti altri prodotti che avrebbero riempito minuti con flashback esplicativi e didascalici. Qui no, si sceglie la via delle parole, celate nel mistero visivo.
La semplicità spesso è la chiave
In questo viaggio interiore, che parte da un tour ebraico attraverso le principali tappe dedicate all’olocausto, portando questo gruppo di persone ad empatizzare con i loro antenati, la struttura narrativa è tutto. Molto semplice e affidato principalmente a dialoghi e sensazioni, A Real Pain vince proprio perché evita di andare oltre.
Un film genuino e lineare, senza alcun tipo di virtuosismo registico o chissà quale guizzo visivo. Elementi che in alcuni casi potrebbero apparire come difetti ma che in qui divengono il più grande pregio.
Ovviamente il feeling attoriale tra Jesse e Kieran è determinante al fine di un risultato credibile e coinvolgente. Ed ecco dunque come la ricetta aggiunge il tocco più prezioso per diventare una prelibatezza. Il carisma effervescente del Benji di Culkin, un naif senza regole o impalcature sociali, si lega alla perfezione con ciò che Eisenberg sa fare meglio, il nevrotico schizzato e iperattivo.
Jesse Eisenberg: meglio regista o attore?
Dopo una breve introduzione, sempre senza troppi fronzoli, il film inizia subito a farci capire che tra i due cugini esistono vecchie tensioni irrisolte. Da qui la situazione si fa sempre più intrigante pur mantenendo per tutto il minutaggio quel suo costante stile pacato.
La riflessione forse più interessante però, che parte da A Real Pain ma arriva ben oltre a questo film, è su Jesse Eisenberg come artista. Avendo curato regia, sceneggiatura, produzione ed essendo anche uno dei protagonisti, si può dire che quest’uomo classe ’83 l’abbia tremendamente voluto questo film. Ecco perché la sua figura da artista a 360° evolve in qualcosa di più.
Sono diversi anni che questo attore è sulle scene e la filmografia di cui gode è di certo ben nutrita, ma tirando le somme non si è mai (o quasi) allontanato dal ruolo dell’eccentrico irritabile. Giunti a questo punto quindi, ci si chiede se la sua evoluzione più stimolante possa magari essere la scrittura e conseguente regia.
Dovrebbero uscire più film così
Divertente e schietto ma capace di toccarti l’anima, questo A Real Pain è dunque un racconto emotivo, fatto più di sensazioni che di parole, o meglio di parole ce ne sono tante ma ciò che si avverte in maniera più potente ed incisiva, è di certo attribuibile al linguaggio non verbale.
Pieno di belle vibrazioni e di ampie vedute, che viaggiano attraverso delicate note di una sinfonia memorabile, questo lungometraggio ritrova la leggerezza e la complicità attraversando riflessioni generazionali e fragili riflessi di momenti tormentati, a tratti dolce ad altri amaro esplode in un toccante lampo di cinema dal fascino innato.