Dal 3 gennaio il palcoscenico del Teatro Argentina diventa una pista da ballo con 22 performer e un quartetto di musicisti per uno spettacolo corale in cui i corpi, con la loro fatica, la loro sofferenza, la loro verità sono la scena. Non si uccidono così anche i cavalli?, tratto dall’omonimo romanzo di Horace McCoy (They Shoot Horses, Don’t They?) del 1935, che ispirò anche il famoso film diretto da Sydney Pollack con Jane Fonda nel 1969.
Seguendo le misere vicende di alcune coppie, Gigi dall’Aglio, che ne cura la regia, rende lo spettacolo un emblematico ritratto della contemporaneità, uno specchio delle tendenze mediatiche più degenerate dell’oggi. In scena si consumerà il dramma di una generazione che non ha più nulla da perdere, sfruttata da una società dello spettacolo in cui l’amore, la vita e la morte vissute in diretta sono date in pasto allo sguardo avido di un pubblico senza più alcuno scrupolo. Sul palcoscenico l’incontro dei due nuclei artistici dell’Ensemble Attori Teatro Due e di Balletto Civile, realizza un’inesorabile e crudele maratona di ballo, un talent/reality show ante litteram in cui i partecipanti, ieri come oggi, inseguono l’effimero sogno della fama e del denaro, sacrificando i sentimenti più privati, la genuinità delle proprie emozioni, e lasciando dietro di sé chi non tiene il passo e intralcia la lunga danza verso la notorietà e i mille dollari in contanti.
Siamo nella California dei primi anni ‘30, è in voga un genere crudele di spettacolo: maratone di ballo durante le quali coppie di giovani disperati senza lavoro ballano per giorni interi, attratti dal premio in denaro, dalla possibilità di farsi notare da qualche produttore cinematografico e teatrale, dal vitto e dall’alloggio assicurati per qualche tempo. Un vero e proprio gioco al massacro che portava i concorrenti fino ai loro estremi limiti fisici e psicologici e al completo esaurimento. Così si seguitava a ballare fino al punto di continuare in uno stato di semi-coscienza, sostenendosi l’uno al corpo dell’altro, senza riuscire a riposare durante le brevi pause in uno squallido dormitorio, mentre i pasti venivano consumati direttamente sulla pista da ballo. “Ecco come la salutiamo la depressione! Dateci sotto gente, diamo il via alle danze!” annunciava con incalzante cinismo il presentatore della serata. Ecco come provavano i giovani americani all’inizio dello scorso secolo a emergere delle difficoltà economiche e a penetrare il mondo dello spettacolo; come oggi, non avevano nient’altro che la propria gioventù, il proprio talento, la propria vita da offrire allo sguardo, al voyerismo del pubblico. Raccolti come animali nella pista da ballo (oggi facilmente uno studio televisivo), i miseri concorrenti cercavano di scalciare via la crisi, di salutare la depressione, provando disperatamente ad essere più forti, più giovani, più inarrestabili di lei.
Lo spettacolo, una produzione di Fondazione Teatro, nella traduzione e adattamento di Giorgio Mariuzzo, permette al pubblico di “entrare in scena” per vivere di persona uno spaccato del mondo contemporaneo, dove i sentimenti sono sacrificati in nome della fama e del successo. Per due ore e mezza saremo trascinanti nel ritmo incalzante e coinvolgente di questo talent / reality show teatrale attraverso la bravura e l’energia degli attori-danzatori – Roberto Abbati, Alessandro Averone, Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Cristina Cattellani, Ambra Chiarello, Laura Cleri, Andrea Coppone, Paola De Crescenzo, Massimiliano Frascà, Francesco Gabrielli, Luchino Giordana, Francesca Lombardo, Michela Lucenti, Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Emanuela Serra, Giulia Spattini, Chiara Taviani, Nanni Tormen, Marcello Vazzoler, Chantal Viola. Ad accompagnare le vicende dei personaggi, la musica del vivo eseguita da Paolo Panigari clarinetto / sax, Francesca Li Causi contrabbasso, Gabriele Anversa batteria, Carlo Massari voce, e dal pianoforte di Gianluca Pezzino, che ne ha curato anche l’adattamento musicale. La partitura fisica è disegnata da Michela Lucenti, mentre i costumi sono di Marzia Paparini e le luci di Luca Bronzo.