In concorso alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, L’albero segna il debutto in cabina di regia per Sara Petraglia, figlia del celebre sceneggiatore Sandro. Un’opera prima sincera e sentita, con due bravissime giovani interpreti: Tecla Insolia e Carlotta Gamba.
La selezione ufficiale della 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma riserva, quest’anno, numerose sorprese. Tra opere prime e film di autori ben noti nell’ambiente, è facile scorgere all’interno del programma titoli interessanti, per motivi diversi, che faranno a lungo discutere e riflettere. Nel mezzo delle 18 pellicole presentate nel concorso Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani spunta L’albero.
L’albero parla di amore e di vita
Già molto curioso e simbolico di suo, il titolo porta per la prima volta alla ribalta il nome di Sara Petraglia, che di cinema e di arte ne deve aver respirati abbastanza, essendo figlia del grande maestro della sceneggiatura Sandro (La meglio gioventù, Mio fratello è figlio unico). Al suo esordio, la giovane cineasta scrive e dirige un’opera intima, pregevole, delicata, che sa di personale e di amore.
Amore nei confronti di una vita che spesso risulta difficile senza neanche saperne bene il perché, che spinge ad agire in modi all’apparenza facili ma in realtà terribilmente nocivi. Ma c’è anche l’amore verso l’altro, che può essere un’amica o magari qualcosa in più, che salva la vita compiendo un gesto quasi estremo, incomprensibile, doloroso.
L’albero si rivela illuminante da tanti punti di vista. A partire dalla sua semplicità e purezza. Poi, ponendo l’attenzione su messaggi piccoli ma fondamentali, e su domande spesso taciute ma essenziali. Le protagoniste rappresentano la generazione dei neoventenni, mentre si affacciano all’età adulta e a tutto ciò che ne consegue. La strada da percorrere sarà lunga e costellata di sperimentazioni; l’utilizzo delle droghe ne fa parte, sebbene non aiuti sicuramente allo scopo.
Sotto lo sguardo di Leopardi
Vediamo Bianca (Tecla Insolia) e Angelica (Carlotta Gamba) muoversi tra le periferie di Roma più iconiche, dal Pigneto a San Basilio, e nei quartieri di Napoli, alle prese con una ricerca continua di qualcosa che le faccia sballare, sentire vive, sempre insieme. Il legame che le unisce va oltre ogni etichetta, creando intorno a loro una sorta di bolla dentro la quale possono essere loro stesse e proteggersi a vicenda.
Un albero veglia su questo rapporto e sarà testimone delle loro esistenze, insieme a un poster di Leopardi, tra momenti intimi, confessioni, crisi. La vita scorre imperterrita, lasciando spesso, dietro di sè, ferite e strappi da ricucire. A volte c’è una tristezza di fondo che non se ne va, che si attacca alla pelle come un parassita. E che può anche apparire bella, ma che condiziona inevitabilmente il proprio sguardo.
Ed è attraverso gli sguardi di Bianca e Angelica, perfette alter-ego della regista, che il pubblico entra in contatto con un universo vero, fatto di sfaccettature e di compromessi, dal quale è tanto necessario tener fuori giudizi e critiche, quanto importante (ri)conoscerne i profili. La bravura delle due giovani interpreti permette alla Petraglia di dare libero sfogo alla sua sensibilità e alle sue idee, arrivando a realizzare un’opera prima encomiabile, che è un vero e proprio inno alla vita.