Con l’essenza di Berlinguer che rivive senza artifici sul grande schermo, anche il ruolo della memoria storica torna a bussare sulle porte del nostro presente. La nostra recensione.
Tra i registi più promettenti del panorama cinematografico italiano, Andrea Segre – autore di Io sono Li, La prima neve, L’ordine delle cose e Welcome Venice – apre la diciannovesima Festa del Cinema di Roma all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone con Berlinguer – La grande ambizione.
Incentrato sulla vita pubblica e privata dell’omonimo leader del Partito Comunista Italiano, interpretato da Elio Germano, il biopic segue un arco di vita che va dal 1973 al 1978, toccando dunque anche la drammatica fine della strategia del “compromesso storico”, il grande tentativo di unire le forze popolari di matrice cattolica e socialista per guidare il Paese. Nell’attesa di vederlo nelle sale cinematografiche a partire dal 31 ottobre 2024, ecco la nostra recensione in anteprima.
La trama e il cast completo del film biografico con Elio Germano
Sfidando i dogmi della Guerra Fredda, Enrico Berlinguer e il Partito Comunista Italiano cercano per cinque anni di salire al governo, avviando una fase di dialogo con la Democrazia Cristiana e arrivando a un passo dal cambiare le cose attraverso il famoso Compromesso Storico.
La storia si snoda dunque dal 1973 – quando il politico sfugge a Sofia a un attentato dei servizi segreti bulgari – e arrivo fino all’assassinio nel 1978 del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. In altre parole, il film narra la storia di un uomo e di un popolo per cui vita e politica, privato e collettivo, erano indissolubilmente legati.
Come detto, il leader politico scomparso quarant’anni fa è interpretato dal grande Elio Germano. Accanto a lui, troviamo anche anche Paolo Pierobon (Giulio Andreotti), Roberto Citran (Aldo Moro), Elena Radonicich (Letizia Laurenti), Fabrizia Sacchi (Nilde Iotti), Paolo Calabresi (Ugo Pecchioli), Andrea Pennacchi (Luciano Barca) e Giorgio Tirabassi (Alberto Menichelli). Completano il cast Stefano Abbati (Umberto Terracini), Francesco Acquaroli (Pietro Ingrao), Pierluigi Corallo (Antonio Tatò), Nikolay Danchev (Leonid Brežnev), Svetoslav Dobrev (Todor Živkov), Luca Lazzareschi (Alessandro Natta), Lucio Patanè (Gianni Cervetti), Alice Airoldi (Bianca Berlinguer) e Giada Fortini (Maria Berlinguer).
Una regia discreta e rispettosa
La regia sobria, discreta e rispettosa di Andrea Segre valorizza con la giusta distanza – a metà tra il documentario e il film romanzato – il personaggio politico e umano di Enrico Berlinguer, evitando inutili fronzoli e retoriche. Il risultato di questa combinazione dà vita ad un ritratto complesso e affascinante.
Se la destra di oggi (seppur unita, a differenza della sinistra, come sottolineato in conferenza stampa) appare depravata e senza direzione, il film sottolinea come la sinistra di allora fosse invece unita, compatta e coesa. Una sinistra guidata da ideali tangibili e condivisibili.
“Grazie a tutte le persone che in questi tre lunghi e intensi anni di lavoro mi hanno permesso di entrare in silenzio e con rispetto nella vita di un uomo e di un popolo che hanno segnato un passaggio importante nella storia d’Italia e che il cinema di finzione italiano ancora non aveva raccontato” ha dichiarato il regista Andrea Segre.
Elio Germano: l’essenza di Berlinguer rivive senza artifici
Elio Germano si conferma ancora una volta per quello che è: un attore di altissimo livello, capace di calarsi completamente nel personaggio. La sua interpretazione non si limita all’enorme somiglianza fisica con Berlinguer (nella riconoscibile cadenza vocale e nella dinstinguibile prossemica, in particolare), ma si estende a una rappresentazione autentica e profonda, frutto di un lungo e accurato lavoro di studio sugli archivi e sugli appunti del politico.
Il medesimo protagonista, in conferenza stampa, ha confermato l’enorme processo di ricerca, fatto anche di interviste a chi il politico l’ha conosciuto davvero. “La maggior parte di loro, ripensando a Berlinguer, si commuoveva“, ha raccontato Elio Germano.
La dedizione di Elio Germano nell’approfondimento e nella ricerca del personaggio si riflette effettivamente in ogni gesto, in ogni sguardo, in ogni parola, restituendo così al pubblico la figura di un uomo che, nonostante la sua riservatezza, ha segnato profondamente la storia politica, umana e sociale italiana.
A differenza, per esempio, delle interpretazioni magistrali ma spesso ampiamente teatrali di Toni Servillo nei panni di altre figure politiche – come Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti – Elio Germano restituisce senza vanità e orpelli un personaggio pubblico che, di vanità e orpelli, in effetti non ne aveva.
La metatestualità come potente chiave di lettura del presente
Un elemento distintivo di Berlinguer – La grande ambizione è la fusione di immagini di repertorio con sequenze di finzione, un espediente che ricorda il lavoro di Gus Van Sant in Milk. Come nel film dedicato all’attivista statunitense, qui vero e romanzato si mescolano con naturalezza, creando un dialogo continuo tra ieri e oggi.
Le immagini d’archivio conferiscono ulteriore autenticità alla narrazione, restituendo per esempio al pubblico il fermento e la complessità di quegli anni, mentre le sequenze di finzione (nonché il film stesso) permettono di approfondire con intimità l’animo di Berlinguer, immaginando momenti privati e riflessioni che gli archivi non avrebbero potuto catturare e restituire.
Questa precisa scelta stilistica non solo arricchisce il racconto, ma permette anche di riflettere sul ruolo della memoria storica nel nostro presente. Il film, infatti, non si limita a raccontare una storia del passato, ma invita lo spettatore a ripensare l’oggi attraverso gli occhi di una guida che vedeva nella politica uno strumento di cambiamento.
Realtà e finzione, dunque, si fondono per dare vita a un’opera che non è solo un omaggio a Berlinguer, ma anche un richiamo alla necessità di ritrovare quella stessa integrità e virtù anche nel contesto politico attuale.