Birdman, il realismo surreale della notorietà

La 71° edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia ha aperto le danze con Birdman, il film di Alejandro Gonzales Inarritu che racconta una storia in bilico tra un crudele realismo e un surreale suggestivo ed inquietante. Michael Keaton è Riggan Thomson una celebrità del passato, diventato famoso per il ruolo di Birdman, un iconico supereroe del mondo cinecomic. Decide però di tornare in scena, questa volta a teatro, dirigendo ed interpretando una piéce ispirata ad un ‘opera di Raymond Carver sui palcoscenici di Broadway. Spera così di recuperare la gloria di un tempo e dimostrare al mondo di essere un attore e non solo una celebrità. I suoi sforzi però sono minacciati da un ego invadente e tormentato, che lo mette continuamente alla prova, parlandogli ogni volta che si trova da solo nel suo camerino.

bird3Inarritu mette insieme un cast che lascia a bocca aperta per ogni singolo scambio di battute, da Edward Norton nei panni di un attore narciso e folle, pieno di debolezze, a Naomi Watts come un’attrice che combatte contro il desiderio di essere qualcuno e i sogni di una vita, fino ad un ironico Zach Galfianakis che è il produttore dello spettacolo teatrale, un personaggio secondario ma indispensabile. Inoltre Emma Stone nei panni della figlia di Thomson, convince pienamente come una ragazza dalla personalità difficile che non riesce a trovare un equilibrio, e a recuperare un rapporto con il padre, conflittuale, ma fondato su un affetto sincero anche se soffocato. Con una regia attenta e coinvolgente, il regista di Babel confeziona un film intrigante ed originale che procede lungo un unico piano sequenza senza mai perdere il ritmo, permettendo allo spettatore di vivere pienamente le emozioni e le sensazioni personali del protagonista. La musica non si limita ad accompagnare la storia, ma racconta, scena dopo scena, il profondo conflitto di un uomo patologicamente dipendente dal passato e vittima dei suoi desideri e della paura di non essere all’altezza della sua vita. La scelta di Michael Keaton risulta senza dubbio calzante, ricordando il suo ruolo di Batman dei due film di Tim Burton tra il 1989 e 1992, seguito da una carriera fatta di alti e bassi, che tuttavia lo ritrovano oggi uno dei migliori talenti del cinema americano. Il film colpisce come una storia verosimile, emozionante e diversa da tutto quello che bolle nel calderone del cinema internazionale negli ultimi anni.

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Sullo sfondo si alterna una denuncia sociale sulla presenza disarmante dei social network nella vita di tutti i giorni, sui pericoli di una notorietà evanescente che spesso interessa la sfera dei blockbuster, quei film che registrano incassi sconvolgenti, finendo per creare fenomeni che si sgonfiano alla prima difficoltà. La lotta tra l’arte e il successo, tra la volontà di essere accettati per quello che si fa rispetto a quello che si è, e la sofferenza dell’ego di un artista che ogni giorno deve fare i conti con tale condizione.

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