Se Meryl Streep è considerata ufficialmente da tutti “la diva dei record”, con 55 film in curriculum, 3 Oscar ottenuti su 21 nomination, 9 Golden Globe vinti su 31 candidature e poi ancora 2 Bafta, 3 Emmy Awards e l’Orso d’oro alla carriera, lo si deve soprattutto alla sua straordinaria ecletticità. L’attrice americana, che oggi compie 70 anni, ha avuto una carriera variegata come poche altre, prendendo parte a film giganteschi e dal budget immenso (A.I. – Intelligenza artificiale), ma anche a piccole opere sentimentali d’autore (I ponti di Madison County). La Streep non ha mai disdegnato infatti la sperimentazione di un cinema diverso da quello classico hollywoodiano (Il ladro di orchidee), dimostrandosi più volte estremamente autoironica (La morte ti fa bella), nonché in grado di caratterizzare personaggi memorabili quanto grotteschi (Il diavolo veste Prada) e di tuffarsi coraggiosamente in lavori di tutt’altro che sicura riuscita (La musica del cuore). Meryl Streep ha di fatto sperimentato tutti i generi possibili, fino addirittura al musical (Mamma mia!, Into the Woods) e al western (The Homesman). In tanti anni di carriera, Meryl è stata tutto: buona e cattiva, suora e ragazza dissoluta, hippy e manager, poverissima e ricca fino all’eccesso, colta e scemotta.
Pur esordendo “tardi” (almeno per gli standard delle attrici dell’epoca) a 28 anni, dopo una lunga carriera di attrice teatrale a New York, nel film Giulia di Fred Zinnemann, già l’anno successivo al suo debutto, Meryl Streep si impone nel mondo del cinema che conta partecipando a Il cacciatore di Michael Cimino, accanto a Robert De Niro, Christopher Walken e John Cazale, all’epoca suo compagno. Il film le vale la prima candidatura agli Oscar come Migliore attrice non protagonista.
Da quel folgorante inizio, la carriera di Meryl Streep sarà una costante scalata al successo: la cercherà Woody Allen per Manhattan e poi Robert Benton per Kramer contro Kramer in un ruolo da protagonista. Per tutti gli anni ’80 Meryl Streep sarà l’icona mondiale della ragazza piena di sentimenti, in grado di comunicare enormi mutamenti emotivi solo attraverso piccole espressioni sul volto, l’attrice perfetta per il cinema più intimista, in grado di comunicare tantissimo senza parlare molto. Sarà poi La scelta di Sophie di Alan J. Pakula a mettere in luce un’altra caratteristica straordinaria dell’attrice, ovvero la sua capacità unica di interpretare personaggi non-americani, modificando il suo accento e il suo parlato attraverso la contaminazione di cadenze straniere.
Ma dopo quasi 90 apparizioni tra cinema e televisione dal 1977 ad oggi, una media di 2 ruoli l’anno per oltre 40 anni di attività, Meryl Streep non accenna a fermarsi. A 70 anni l’attrice continua a reinventare se stessa senza cedere alla pigrizia in cui spesso la troppa fama induce, finendo per scegliere solo ruoli sicuri e lavori da completare con il minimo sforzo. Non a caso, quindi, Meryl Streep proprio in questi giorni torna sul “piccolo schermo” con la seconda stagione di Big Little Lies, serie tv dello scorso anno particolarmente acclamata, rinnovata sull’onda del successo commerciale nonostante fosse stata inizialmente pensata come serie autoconclusiva. Esaurito l’intero romanzo di Liane Moriarty su cui si basava, la seconda stagione di Big Little Lies era quindi un progetto dalle mille incognite, che facilmente avrebbe potuto rovinare il ricordo di quanto fatto nella prima stagione. Nonostante ciò, a dimostrazione del suo istinto infallibile, non solo Meryl Streep ha deciso di accettare il ruolo di Mary Louise, terribile madre di Perry (Alexander Skarsgård) dall’atteggiamento passivo-aggressivo e con inconfondibile parrucca marrone e voce nasale, ma è riuscita ad imporsi come elemento centrale della nuova stagione, ponendosi come l’elemento di novità in grado di giustificare l’intera operazione.
Tra i ruoli più recenti, la Streep ha interpretato Emmeline Pankhurst nel film Suffragette di Sarah Gavron e ha accettato dal suo amico Stephen Frears il ruolo di Florence Foster Jenkins in Florence, basato sulla storia dell’omonimo soprano “stonato”. Nel 2017, per il bellissimo The Post di Steven Spielberg, è stata Katharine “Kay” Graham, prima donna americana ad aver diretto una grande casa editrice di un importante quotidiano come il The Washington Post, mentre solo pochi mesi fa l’abbiamo vista tornare sul grande schermo nel sequel Mamma Mia! Ci risiamo di Ol Parker e ne Il ritorno di Mary Poppins, diretto da Rob Marshall, nel ruolo dell’eccentrica antiquaria Topsy. A fine anno la vedremo in Piccole Donne, nuovo film di Greta Gerwig (Lady Bird) tratto dall’omonimo romanzo del 1868 scritto da Louisa May Alcott. Al suo fianco, un cast stellare che comprende Saoirse Ronan, Emma Watson, Timothée Chalamet, Florence Pugh, Laura Dern, James Norton e Louis Garrel. Il Festival di Toronto e il Festival di Venezia sono già in competizione per contenderselo.