Festa del Cinema di Roma 2017: Borg/McEnroe, la sfida tra lo gelido svedese e lo sbruffone americano

La nona giornata della Festa del Cinema di Roma 2017 si è aperta con la proiezione di Borg/McEnroe, lungometraggio diretto dal danese Janus Metz ed incentrato sulla storica rivalità sportiva tra i due celebri tennisti interpretati con grande passione e trasporto da Sverrir Gudnason e Shia LaBeouf. Come sempre più spesso avviene nel cinema contemporaneo emerge nella storia un dualismo tra persona e personaggio, evidenziando come sia diverso un uomo dalla sua immagine mediata dalla TV e dalle radio.

Quello che per semplificazione giornalistica era lo scontro tra “l’uomo di ghiaccio” ed il “super monello”, tra la freddezza nordica e l’intemperanza newyorkese, si rivela più complesso delle apparenze.

Shia LaBeouf è John McEnroe

Due rivali più simili del previsto

Janus Metz cerca quindi di lacerare il vestito da “gentleman” che i media hanno cucito addosso a Borg e lo mostra nel privato come un bambino che alla prima difficoltà caccia le persone che gli vogliono bene e si addossa sulle proprie spalle il peso delle aspettative. Lo sbruffone McEnroe, invece, viene meno alla sua fama di “duro” e lo vediamo cercare conforto nel padre, che è la sola persona in grado di rassicurarlo. Metz indugia forse un po’ troppo spesso nel racconto tramite flashback (un grande problema dei biobic) ma riesce nello scopo di raccontare due personalità più convergenti di quanto non possano sembrare ad un primo sguardo e di ribaltare l’immagine che si ha di loro. Al termine di Borg/McEnroe il gelido svedese sembrerà quello impulsivo e l’incontenibile statunitense quello calcolatore.

Se da una parte c’è un uomo che è già entrato nella leggenda vincendo per quattro volte consecutive il titolo di campione del mondo, dall’altra c’è un giovane ragazzo che è arrivato dove è arrivato con prepotenza ed intolleranza, facendosi odiare da tutti. Se per Borg quindi vincere vuol dire confermare nuovamente il suo status di “imperatore del tennis”, per McEnroe la posta in gioco è molto più alta: quella partita segna il suo possibile riscatto e l’occasione di essere perdonato dal pubblico per la sua condotta antisportiva. Per questo il giovane americano decide almeno per la “grande sfida” di contenere internamente la rabbia e l’angoscia, incanalandole in ogni singolo colpo e seguendo il metodo della “pentola a pressione” che il suo avversario aveva messo in pratica prima di lui.

Tennis al cinema

La rappresentazione cinematografica del tennis, a differenza di quella della boxe, non possiede ancora un linguaggio ben codificato e per questo Borg/McEnroe cerca con le immagini ed il montaggio di rendere appassionanti gli scambi tra i due giocatori. Per far ciò il regista danese usa spesso inquadrature aeree e anziché seguire costantemente i propri personaggi in ogni loro gesto, lascia che questi escano dal campo visivo della macchina da presa quando è necessario. Janus Metz non sceglie per la narrazione un ritmo compassato ma insegue lo spettacolo prendendo numerose idee dal Rush di Ron Howard, che prima di lui aveva messo in scena un’altra grande rivalità sportiva. In questo caso però il tempo dedicato ai singoli personaggi non è equamente distribuito e Borg diventa presto il vero protagonista della storia.

Ad evidenziare questa “disparità” c’è la maniera sbrigativa con cui viene accennato il rapporto tra McEnroe ed il proprio padre (che avrebbe meritato maggiore attenzione) e le tante scene dedicate invece all’allenatore svedese interpretato da Stellan Skarsgard (il titolo in Svezia è semplicemente Borg). Al termine della visione si esce certamente soddisfatti per un racconto non privo di epica e di gusto nel raccontarla, ma l’aderenza ad un canovaccio troppo classico (proposto anche in altri ambiti che non sono quello sportivo) non consente a Borg/McEnroe di scavare abbastanza in profondità nelle personalità dei due protagonisti.