La Berlinale 2025 è iniziata con un film che gioca in casa, The Light, un dramma che mescola realismo e surreale in una Berlino inesorabilmente piovosa. Com’è?
Non è la prima volta che Tom Tykwer apre la Berlinale. Infatti ha già avuto il piacere nel 2002 con Heaven e nel 2009 con The International. Tuttavia si è detto un po’ dispiaciuto che The Light non sia stato ammesso in concorso, ma aprire la 75° edizione del festival lo ha risollevato. Il suo dramma familiare della durata di ben 162 minuti ha dato il via al ricco programma della Berlinale, inaugurando una nuova location per le proiezioni, lo Stage Bluemax Theatre, a pochi passi dal Berlinale Palast.
Volando tra gli alti palazzi di Berlino dalle mille finestre ricordando La Finestra sul Cortile, la telecamera si avvicina sempre di più a un appartamento in particolare dove, nel buio di una stanza, la sagoma di una donna si illumina a intermittenza. La luce viene da uno strano dispositivo che, a una prima occhiata, è difficile identificare. Di cosa si tratta? Fin dal prologo, Tykwer promette allo spettatore un’avventura tra realtà e surreale attraverso la storia di una famiglia disfunzionale tedesca.
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The Light apre la Berlinale 2025
Lars Eidinger
e Nicolette Krebitz interpretano Tim e Milena, marito e moglie di mezza età che vivono a Berlino con i figli adolescenti, Frieda e Jon. Ogni tanto convive con loro anche Dio, il figlio più piccolo che la donna ha avuto con un altro uomo. Pur vivendo sotto lo stesso tetto, questa famiglia è disgregata, ognuno dei componenti conduce una vita indipendente di cui gli altri ignorano ogni dettaglio. Attraversano gli stessi spazi della casa in tempi e modalità diverse, fino a quando un evento tragico scuote un po’ la loro quotidianità.
Quando l’enigmatica Farrah dalla Siria, prende servizio a casa loro come nuova governante, il loro mondo viene messo alla prova e i sentimenti nascosti vengono alla luce. Il film diventa un’esperienza esistenziale che espande e altera le vite della famiglia in modi inaspettati, mentre Farrah mette in moto un piano che porterà una nuova dimensione al modo in cui vivono e comprendono la condizione umana.
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Progresso e desolazione
La prima parte di The Light non può lasciare indifferenti, per la messa in scena di una sceneggiatura puntuale e chirurgica che viaggia su tante linee narrative per ricongiungerle perfettamente dopo alcuni minuti. Vengono introdotti i vari personaggi, ognuno con la propria vita, le proprie abitudini, fragilità ed errori, per poi svelare che sono tutti parte di una famiglia berlinese molto distante dall’idea del Mulino Bianco.
I genitori sono molto presi dal loro lavoro e, oltre a trascurare i figli, hanno perso ogni fiducia nel loro rapporto e hanno dimenticato il loro amore. La figlia Frieda passa gran parte del tempo stordita di droghe con gli amici in locali affollati o in città per qualche manifestazione attivista, mentre il fratello Jon vive recluso nella sua stanza, schiavo dei videogiochi della realtà virtuale. The Light evidenzia l’apatia e la desolazione dei tempi moderni, dove il progresso ci ha reso più vulnerabili ed è sempre più ingombrante lo smarrimento del senso di comunità.
I protagonisti di questo disaster movie umanizzato sono egoisti, spenti e ingabbiati da se stessi. La presenza esterna di Farrah funge gradualmente da guida per riemergere dal buio e ritrovare la voglia di vivere, ma soprattutto di amare e condividere. Berlino, continuamente sotto la pioggia, fa da sfondo dinamico e vibrante della storia che si muove spesso tra illusione e realtà.
Un film visionario e coraggioso
Tykwer confeziona un film visionario, a tratti antigravitazionale, in cui la dimensione onirica non risulta ridondante poichè i momenti che strizzano l’occhio alla fantasia hanno un forte impatto emotivo e sono realizzati con attenzione anche a livello tecnico. Molto poetica la danza sospesa di Jon e la sua fidanzata platonica, come l’intenso epilogo sott’acqua e il numero musicale per strada sulle note dell’iconica Bohemian Rhapsody.
La musica è parte integrante di The Light, spesso con brani elettronici e si sposa con un’estetica vivace che confonde realismo e suggestioni oniriche dall’inizio alla fine. Infine il cast è perfettamente in parte. Lars Eidinger in particolare regala un’interpretazione mista coinvolgente, sfruttando in più di un’occasione un black humour che diverte e stempera i toni prevalentemente drammatici del film. Uno dei punti deboli la durata, poichè alcune scene si lasciano andare a inutili digressioni che potevano essere asciugate senza conseguenze.