Il ventesimo secolo è stato caratterizzato da uno tsunami di onde sonore colme di spirito nero? Si, e Lenny Kravitz con il suo ultimo White and Black America ne ha fornito un resoconto efficace. Il risultato è un album di brani eterogenei e non prolissi che si colorano di dinamiche diverse,ma che mantengono lo stesso comune multiplo: la musica più amata da Lenny. Sedici tracce inserite e imbevute anche in un contesto sociale ultra-occidentale come quello americano, nel quale il musicista è nato, cresciuto, divenuto celebre e che caratterizza d’altra parte l’animo white di questa sua ultima fatica discografica. Non a caso l’omonima traccia White and Black America che apre la tracklist non è altro che la memoria di una storia d’amore nata tra due individui di diversa etnia (i genitori di Lenny) negli anni delle rivendicazioni egualitarie di Martin Luther King ed esposta in chiave funky con tanto di fiati e cori incalzanti.
Si segue poi con i riff in pieno stile hendrixiano di Come on get it intrisi di quella tradizione rock-blues anni ’70, che però lasciano il passo al soul di Liquid Jesus (in cui Lenny fa il verso a Marvin Gaye) e al glam truccato e piastrato di Rock star city life. Non potevano mancare le ospitate ed infatti in Boongie Drop e Sunflower trovano spazio due artisti hip hop, rispettivamente Jay-Z e Drake che si inseriscono anche in atmosfere elettroniche inusuali per la propria produzione. L’album si sofferma ancora sui groove funk stilisticamente differenziati: dalla disco di Superlove,alle influenze di Berry White e James Brown di Looking back on love e Life ain’t ever been better than it is now. Non potevano mancare inoltre espressioni più ludiche ed immediate in pieno stile Kravitz come Everything e Stand, primo singolo estratto da questo lavoro che ricorda molto il rock sudista dei Lynyrd Skynyrd. La somma delle tracce è un disco piacevole,che però non trova carattere quando cade nelle celebri citazioni (a momenti sfioranti il plagio).