Che dire, di eventi del genere in Italia se ne vedono veramente pochi. Sette città, Bari, Bergamo, Bologna, Milano, Napoli, Roma e Torino, saranno coinvolte in sette grandi mostre dedicate ad un fenomeno artistico che ha mutato profondamente il modo di fare arte, l’Arte Povera. Iniziata a settembre e destinata a concludersi ad aprile, la manifestazione Arte Povera 2011 coinvolge otto tra musei ed enti locali, unendo trasversalmente varie città italiane, non solo territorialmente, ma anche temporalmente, dal momento che gli eventi si terranno in contemporanea nei diversi spazi espositivi. Per avere un’idea della vastità dell’evento: duecentocinquanta installazioni ambientali d’Arte povera, datate dal 1967 al 2011, a cui si aggiungono cinquanta opere di artisti europei ed americani, insieme a sezioni dedicate al linguaggio espressivo della fotografia, del teatro, del video, del libro, tutto questo in quindici mila metri quadrati di spazi espositivi. Arte povera 2011 è curata dal critico d’arte Germano Celant, uno dei maggiori conoscitori del movimento, creatore nel 1967 della definizione “arte povera” in relazione a quel gruppo gli artisti che diede vita ad una corrente artistica di fondamentale importanza negli anni Sessanta e Settanta.
Questo movimento, quanto mai eterogeneo, è nato intorno a grandi artisti quali Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Gilberto Zorio. Questi importanti nomi del panorama artistico italiano sono partiti da due grandi modelli che rivoluzionarono l’arte, con il loro nuovo gusto: Lucio Fontana e Alberto Burri. L’Arte Povera è arte di sperimentazione. Si muove dall’apertura verso nuove tecniche, l’arte non si fa più soltanto con il pennello o con il marmo; ora sono anche i materiali comuni di tutti i giorni a prendere corpo in sculture, tele ed installazioni. I materiali perdono valore nella scala gerarchica: è ininfluente la materia di cui si componga l’opera, a darle valore è il senso e il significato. L’Arte Povera si nutre di concetti filosofici, decostruisce realtà semantiche preconfezionate per approdare ad una nuova semiologia della realtà, rivalutando anche gli oggetti più miseri, ridandone un valore espressivo. È sulla dialettica del pluralismo linguistico che si alimenta, negli anni Sessanta e Settanta, anni di floridezza in Italia, questa nuova corrente artistica.
“Per concludere,” – scrive Germano Celant nel catalogo istituzionale della mostra – “oltre a funzionare da soggetto “comune” condivisibile per la creazione di una vera rete di musei in Italia, che si nutra delle differenze per convergere sul risultato internazionale e globale, come può essere letto il messaggio sottinteso in un evento come “Arte Povera 2011”? Forse come un invito a rileggere questo periodo storico, segnato da una totale democratizzazione dei segni e delle espressioni, in un contesto che oggi supera le polarità tra Europa e America: assumerlo come un punto estetico nella geografia globale che si è venuta formando a partire dall’inizio del ventunesimo secolo.” Per il programma completo di Arte Povera 2011: www.artepovera2011.org