Torna al Teatro Bellini di Napoli, per la regia di Gabriele Russo, il sorprendente Don Juan in Soho. Interprete principale è (e non poteva essere altrimenti), Daniele Russo. Incontenibile, conturbante, maestoso. E c’è tempo fino al 15 gennaio 2023 per poterne godere… In tutti i sensi! Poi la tournée si sposterà da Genova a Torino, passando per Milano e Firenze.
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Don Juan in Soho | Le origini della pièce
Era il 2006, quando Patrick Marber, drammaturgo e sceneggiatore londinese, classe 1964, decise di prendere un’opera quale il Don Giovanni di Molière e di redigerne una nuova versione: moderna, dissacrante e ambientata nella contemporaneità. La prima messa in scena portò Michael Grandage a dirigere l’adattamento, con Rhys Ifans nei panni del protagonista, al Donmar Warehouse.
A distanza di anni, lo spettacolo continua a esercitare il suo fascino, merito di un personaggio straordinario e di una storia che, dietro la facciata del “politicamente scorretto”, contiene tanti messaggi e valori. A ciò si aggiungano l’abilità e l’intelligenza dei fratelli Russo di scovare opere non banali, di impatto – sia dal punto di vista culturale, che da quello umano – ma anche rischiose, e di presentarle al loro pubblico in una veste assolutamente unica, originale, indelebile.
Il Bellini di Napoli segna, con Don Juan in Soho – sua produzione originale – l’ennesima tacca in un ideale piano identitario, che lo rende, senza dubbio, una delle migliori, più vive e più stupefacenti realtà in ambito teatrale.
L’adattamento firmato da Gabriele Russo
L’incredibile e meraviglioso adattamento, firmato da Gabriele Russo, ha il potere di trasportare lo spettatore in una Soho vitale, viscerale, vorticosa. Don Juan, o, come gli piace autoproclamarsi, DJ, ne diventa il rappresentante eletto. A muoverlo è un istinto quasi animale, irrefrenabile, spregiudicato. Pressoché nessuno sfugge alla sua fame, alla sua brama, ma tutti ne escono, in qualche modo, cambiati, se non, addirittura, arricchiti.
La stessa Elvira (Noemi Apuzzo), la moglie inespugnabile – almeno sino a quando DJ non gioca i suoi assi – sottolinea l’importanza di questa relazione, nonostante l’adulterio. Scoprendo nuovi e inimmaginabili lati di se stessa, la donna comincerà a vivere in maniera diversa, più libera, licenziosa, leggera. Ma una sorta di affetto, nei confronti del marito, al di là della sofferenza e del tradimento, la porterà a non abbandonarlo del tutto, non ancora.
Le donne esercitano un potere su Don Juan, come lui su di loro. Ed è un potere che deriva dalla natura propria di essere viventi, dal desiderio e dalla voglia di possesso. Non ci sono limiti, pregiudizi, freni, se non quelli dettati da una razionalità imposta, il più delle volte, dalle convenzioni sociali. Ma DJ ama, vuole e deve (!) esistere al di fuori di esse. Non si può ingabbiare uno spirito come il suo, del quale vanno apprezzate la profonda onestà e l’ostinato coraggio.
L’esperienza sensoriale di Don Juan in Soho
Don Juan in Soho porta quindi in scena una vera e propria esperienza, che coinvolge e stuzzica tutti e cinque i sensi. Inoltre, entrano in gioco le sensazioni e le riflessioni legate alla personalità, al carattere e all’indole di ciascuno spettatore. Il grado di partecipazione è, ovviamente, proporzionale al proprio essere, a ciò in cui si crede e si è disposti a credere.
Dal punto di vista scenografico/spettacolare, siamo dinanzi a un’operazione a dir poco eccezionale. Gli occhi si riempiono di luci (a cura di Salvatore Palladino) e di colori, seguendo il loro gioco ininterrotto e psichedelico. Ispirandosi allo stile e al mood di Soho, il palcoscenico vive di una sua particolare e furiosa energia, che trascende qualsiasi confine e raggiunge ogni angolo della sala. Il pregevole progetto sonoro di Alessio Foglia contribuisce a rendere l’atmosfera, scandendo ritmi e reazioni dei vari personaggi.
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Chiudono il cerchio (perfetto) i costumi di Chiara Aversano – il lavoro su Don Juan è, semplicemente, un assoluto, da ammirare e, magari, emulare – e le scene di Roberto Crea, precise, funzionali, suggestive.