Everest, intervista a Jake Gyllenhaal e Jason Clarke

Ha aperto la 72° Mostra del Cinema di Venezia Everest, il kolossal diretto da Baltasar Kormàkur ed interpretato da un cast stellare composto da Jake Gyllenhaal, Jason Clarke, Emily Watson, John Hawkes, Josh Brolin, Keira Knightley, Robin Wright e tanti altri. Tratto dal saggio Into Thin Air di Jon Krakauer, la stesso autore di Into the Wild, Everest porta sul grande schermo la spedizione che nel 1996 costò la vita a otto persone. Una tragedia che, grazie alla Universal Pictures, Kormakur rappresenta attraverso un’opera ricca di emozioni. Emozioni che gli interpreti Jake Gyllenhaal e Jason Clarke, insieme ad Emily Watson e John Hawkes hanno condiviso con noi, raccontandoci l’esperienza sul set, le difficoltà del progetto ed i legami instaurati durante le riprese del film.

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Come è stato lavorare con un attore australiano come Jason Clarke?

Jake Gyllenhaal: Non mi piace fare generalizzazioni e parlare di una persona davanti alla diretta interessata, ma lo farò. Quello che posso dire è che negli australiani c’è una chiarezza e una gentilezza fuori dal comune. Mi è capitato spesso di lavorare con loro ed è sempre stata una esperienza molto gradevole, come sul set di Brokeback Mountain. Noi tendiamo a creare delle gerarchie mentre loro spesso riescono a lavorare e ad instaurare al contempo una forte esperienza di cooperazione e condivisione. Poi vedere la dedizione che Jason ha messo nel ruolo ed il legame che ha creato con la famiglia di Rob è stato travolgente. Parliamo di una realtà che possiamo solo sfiorare senza mai toccarla veramente.

Quali sfide avete affrontato nelle vostre vite?

Jason Clarke: Non lo so, non ho rimorsi, amo la mia vita. Essere un attore è una sfida, è un business duro.

Jake Gyllenhaal: E’ una domanda che mi hanno già fatto molte volte. Non penso ci sia una risposta. L’Everest è una metafora, rappresenta le tante sfide della vita, non una in particolare. Personalmente non scalerei l’Everest, sono un attore. Mi piace spingermi al limite nel mio settore e lascio fare la stessa cosa alle persone nei rispettivi campi di competenza.

Quale è stato il momento più emozionante durante le riprese?

Jason Clarke: Sicuramente vedere la montagna perché quando ti accorgi della grandezza dell’Everest ridimensioni tutto

Quale è il senso di un film come Everest?

Jason Clarke: Quando conosci la storia originale apprezzi quello che il regista e gli sceneggiatori hanno fatto anche solo nel selezionare gli eventi da raccontare. Il film sottolinea l’importanza di non farcela pur essendo arrivati lontano.

Avete mai vissuto delle esperienze estreme?

Jake Gyllenhaal: Non ho mai scalato una montagna come l’Everest ma ho vissuto qualche tempesta di neve e posso dire che è veramente difficile capirci qualcosa in certe situazioni.

Jason Clarke: Durante una scalata notturna sono rimasto al buio e senza una corda. In quel momento mi sono sentito impaurito, perso. Rob invece non era spaventato, ma cosciente. E’ incredibile.

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Che sensazioni avete provato vedendo il film sul grande schermo?

Emily Watson: Ho visto il film un mese fa a Londra e sono rimasta stupita dalla fisicità dell’opera.

John Hawkes: Prima della proiezione qui a Venezia avevo visto solo alcune scene. Everest è in assoluto il primo film in 3D che vedo al cinema. E’ un opera che suscita emozioni molto forte.

Avete mai vissuto delle esperienze estreme?

John Hawkes: Si, mi piace la natura e mi è capitato di vivere qualche avventura nei pressi di Los Angeles.

Emily Watson: No, ma sono andata ad una scuola di recitazione. Scherzo, sicuramente girare questo film è stata una esperienza incredibile. Quando con gli altri attori ci siamo incontrati a Londra un mese prima di partire ognuno difendeva il suo personaggio. E’ nato così un gruppo di lavoro caratterizzato da un forte senso di appartenenza.

Come è stato girare negli studi di Cinecittà?

John Hawkes: É stata una emozione enorme lavorare in un posto come Cinecittà.

Emily Watson: Avevamo un campo totalmente ricostruito e poi uno schermo verde tutto intorno. Dall’altro lato c’era però il set di Gangs of New York.