Andrea Segre e il protagonista Elio Germano hanno presentato Berlinguer alla Festa del Cinema di Roma 2024. Ecco cosa hanno raccontato in conferenza stampa.
Tutte le luci della giornata d’apertura della 19ª edizione della Festa del Cinema di Roma sono senza dubbio puntate su Elio Germano. Quest’ultimo, infatti, non è che il protagonista di Berlinguer. La grande ambizione, il biopic in concorso di Andrea Segre, dove l’attore romano si cala nei panni dell’omonimo leader del PCI.
Il film, che racconta dunque cinque anni della vita privata e pubblica del politico italiano, uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 31 ottobre 2024. Nel frattempo, ecco quanto emerso durante la conferenza stampa.
Perché raccontare proprio la storia di Berlinguer?
Ovviamente, risponde il regista Andrea Segre: “È incredibile che il cinema non avessero ancora raccontato la storia di Berlinguer e di tutti gli italiani che hanno ruotato attorno al PCI. Siamo partiti riflettendo su quale fosse il momento preciso su cui concentrarci, perché non volevamo fare un biopic su tutta la sua vita”.
“Sono andato da Elio prima di dirlo a chiunque altro”
E continua: “Poco dopo aver pensato tutto questo sono andato a trovare Elio e gli ho chiesto cosa ne pensasse, prima di dirlo a chiunque altro“.
A proposito del linguaggio metatestuale, aggiunge: “La sfida di unire repertorio e messinscena era un mio pallino, anche se significava di ‘rompere’ il confine tra verità e finzione. Per quanto concerne i repertori, il lavoro più grande e meticoloso è stato fatto dargli archivisti e dai montatori. Il nostro obiettivo era fare come in ‘Milk’ di Gus Van Sant, dove c’è sia questo dialogo tra le due parti”.
Come si diventa Enrico Berlinguer?
Elio Germano: “Per tutti noi era importante che i personaggi ci ricordassero quelli veri. Pertanto, era necessario approfondire le questioni di cui erano portatori tutti quegli intellettuali. Una ricostruzione non solo esteriore, ma di indagine quasi da storici. In ogni caso, la prossemica di Berlinguer raccontava un senso di inadeguatezza, una mancanza di attenzione. Il suo corpo emanava qualcosa e certamente anche quello è stato nel mirino, anche se l’obiettivo non era fare un’imitazione“.
Elio Germano: “Berlinguer non era un leader. Era un segretario”
Oggi mancano politici come Berlinguer? Leader capaci di trainare e guidare con autorevolezza? Elio Germano scuote la testa: “Tutti oggi dicono a gran voce che manca un leader. Ma siamo sicuri che la figura necessaria sia il leader? Berlinguer era un segretario. Berlinguer ascoltava, si metteva a disposizione e portava il peso di essere quello che tirasse le fila, con il dubbio che stesse facendo le cose giuste“.
“Berlinguer non era un leader. Era il rappresentante del popolo”
“Berlinguer era un rappresentante del popolo. Rappresentante è una parola importante. Questo dice tanto di lui come segretario, non come leader“.
In che modo è stato scritto il copione?
Risponde ovviamente lo sceneggiatore, Marco Pettenello: “Noi abbiamo cominciato scrivendo qualche paginetta. Siamo partiti da questo pensiero: la prima volta che abbiamo visto un adulto piangere, è stato quando è morto Berlinguer. Poi abbiamo cominciato a studiare. Abbiamo condotto tantissime interviste, molti dei quali si commuovevano. Era molto amato“.
“È stato un viaggio intellettuale stupendo”
Pettenello prosegue: “Poi siamo entrati all’Istituto Gramsci dove abbiamo preso le dattilografie degli incontri e gli appunti di Berlinguer. Le prime stesure erano quelle di un film di dodici ore: più entravamo nella storia più ci piaceva“.
La domanda provocatoria: visto il Compromesso storico mancato, la parola “ambizione” poteva essere sostituita da “illusione?”
Risponde per primo Andrea Segre: “L’ambizione può essere in parte illusione. Tuttavia, se sai se che è impossibile e ci provi lo stesso vuol dire che hai una missione comune. Al di là del successo o meno del progetto di Berlinguer, l’incontro tra PCI e Democrazia Cristiana ha portato a risultati fondamentali, come la sanità pubblica“.
Inevitabili i paragoni con la scena politica di oggi: “La destra dei nostri giorni, per esempio, ha una grande ambizione“, continua il regista. “In tutto il mondo, e non solo in Italia, l’ambizione di sinistra è attualmente molto più disorientata di quella di destra“.
“Anche se – aggiunge Elio – “Non ci siamo mai davvero interrogati sulla politica contemporanea. La questione della grande ambizione, invece, è ancora oggi molto viva e attuale. Oggi c’è una tendenza a salvarci. C’è un’individualità pesante in tutti noi. Perfino i medici pensano più al profitto che a curare le persone, esattamente come i professori, gli attori e i politici. Destra di oggi compresa. Questo film, oltre ad arricchirmi lo stipendio, spero porti un messaggio. Quindi non penso che sia un’illusione. Quando qualcuno fa le cose per una grande ambizione sta meglio ed è più felice“.
Il regista lo interrompe: “Per dirlo come diceva Berlinguer, bisogna stare lontani da quegli ‘automatici meccanismi del mercato‘”.
L’importanza di restituire l’immagine di un Aldo Moro forte e “stratega”
Roberto Citran
racconta la difficoltà di immedesimarsi in Aldo Moro: “Segre mi ha chiamato e mi ha detto: ‘Vorrei che tu facessi Aldo Moro’. All’inizio mi sono spaventato. Mi ha ricordato quel senso di smarrimento dopo la sua morte. È stato un momento di rottura. Per questo, volevamo offrire al pubblico l’immagine di un uomo forte, non la famosa immagine diffusa delle brigate rosse, che mostra un Aldo Moro in pericolo”.
Paolo Pierobon, facendo eco alla risposta del collega, ironizza invece con consapevolezza sul suo personaggio, nonché Giulio Andreotti: “Segre mi ha obbligato a fare Andreotti. Interpreto un democristiano ma ho obbedito come un comunista“. E continua ancora con la medesima ironia: “Spero di aver fatto un buon lavoro ma devo ancora vedere il film“.
Questo film andrà nelle scuole?
“Noi crediamo di aver fatto un film filologicamente preciso, non solo da un punto di vista politico ma anche poetico. Potrebbe essere uno strumento perfetto per le scuole, quindi sì“, dice il regista.