I Manetti Bros. presentano U.S. Palmese, definendo la favola calcistica come “il nostro film più personale”.Antonio
e Marco Manetti hanno presentato U.S. Palmese in conferenza stampa. La “favola calcistica”, mostrata nel corso dell’edizione numero 19 della prestigiosa Festa del Cinema di Roma, rappresenta la loro prima collaborazione col protagonista Rocco Papaleo, anch’egli ovviamente presente all’incontro con i giornalisti, insieme agli attori Blaise Afonso e Giulia Maenza.
Si tratta di un progetto atipico, quello di U.S. Palmese, in quanto fortemente legato alle radici dei registi del musical Ammore e Malavita (2017). A tal proposito i due fratelli, meglio noti a pubblico e critica semplicemente come Manetti Bros., avevano infatti già rivelato quanto segue:
“Palmi [dov’è ambientato il film, ndr] è il paese di nostra madre, il paese dove abbiamo passato tantissimo tempo, il paese al quale sentiamo una profonda appartenenza. Nel bene e nel male. Insieme allo sport abbiamo scelto di raccontare l’anima e l’identità di Palmi che appartiene a una regione, la Calabria, raccontata da sempre in modo molto diverso da questo. Noi abbiamo semplicemente raccontato quello che abbiamo visto con i nostri occhi e che abbiamo vissuto. Senza mai sforzarci di raggiungere l’impossibile ‘oggettività’ che probabilmente non esiste. Ne è venuta fuori una commedia leggera, una favola tenera, allegra e sportiva che è diventato, a sorpresa, il nostro film più personale”.
Scopriamo allora quanto emerso dalla conferenza stamp del film, prodotto da Mompracem con Rai Cinema e con il sostegno della Calabria Film Commission.
U.S. Palmese: la sinossi del film
A Palmi, una piccola cittadina della Calabria, Don Vincenzo (Rocco Papaleo), geniale agricoltore in pensione, ha un’idea folle per risollevare la squadra di calcio locale: organizzare una bizzarra raccolta fondi per ingaggiare Etienne Morville (Blaise Alfonso), giocatore di Serie A dal pessimo temperamento ma tra i più forti al mondo. Seppure controvoglia, Morville lascerà Milano per trasferirsi a Palmi e provare a risanare la sua immagine. Qui si scontrerà con una realtà fatta di sincerità, che porterà tutti a vivere un’esperienza indimenticabile.
Una riflessione sulla virtuosità dello sport (e del sud Italia)
Marco Manetti
, a proposito della storia del film, racconta: “Fin troppo spesso lo sport viene contaminato dalla corruzione umana. Soprattutto nel calcio. I troppi soldi tolgono l’anima al gioco. Vince la voglia dell’individuo e non del gruppo“.
E continua: “A questo si aggiunge il fatto che il sud Italia venga spesso raccontato in maniera limitata, come crimine, mafia e folklore. Sì, anche il folklore rappresenta comunque un limite. A volte anche il sud stesso si autodistrugge dietro a questo racconto a sua volta autodistruttivo. Basti pensare ai tantissimi ragazzi di Palmi che se ne vanno, felici da andare via. Poi, dopo neanche due mesi, sentono la mancanza di casa“.
Il film cammina sui confini del grottesco. Perché questa cifra stilistica?
Questa volta è Antonio Manetti a prendere la parola: “Noi siamo un po’ pazzi. Il nostro cinema è a sua volta un po’ pazzo. Cammina sul grottesco e a volte rischia di caderci. I nostri personaggi, però, non solo finti, sono esattamente come noi vediamo le persone a Palmi“.
La domanda che tutti aspettavano: il personaggio di Etienne Morville si basa su Mario Balotelli?
Marco Manetti: “Noi non abbiamo mai pensato a Balotelli. Tuttavia, più andavamo avanti più capivamo che il riferimento sarebbe diventato proprio lui. Balotelli, dopotutto, è il classico talento che arriva a odiare quello che fa per colpa della pressione. Il fatto che il nostro personaggio è francese ci porta a capire che forse per tutti i giocatori è così. Non è un problema degli italiani“.
Il fratello Antonio gli fa eco: “Balotelli è un esempio sta venendo in mente a molti. I riferimenti più precisi, tuttavia, sono assolutamente casuali. Per Milano, per esempio, non ci siamo ispirati dalla storia di Balotelli. Milano era semplicemente perfetta per la storia che volevamo raccontare. Napoli e Torino per esempio non andavano bene. La prima è troppo vicina a Palmi, mentre la seconda è troppo piccola ed è più identitaria di Milano“.
Ci pensa Rocco Papaleo a interrompere le riflessioni dei due fratelli: “Se lo nominate ancora, Balotelli si inca**a“. In sala partono le risate.
Com’è stato calarsi nell’accento di Palmi?
Rocco Papaleo prende la parola, con un’apparente serietà: “Ci è voluto un po’ di studio. Mi sono trasferito a Palmi nel 2018, ci ho messo 5 anni per imparare l’accento“. I presenti ridono.
“A parte gli scherzi – continua l’attore – sono arrivato lì un po’ prima e ho studiato. Imparare l’accento è una cosa, essere così filologici e precisi è un’altra“. Blaise Afonso, in quanto francese, ironizza sulla questione: “Per me calabrese e italiano erano la stessa cosa“.
A proposito di Alfonso, i due registi ci tengono a raccontare una cosa: “Blaise racconta sempre di essersi ambientato subito, di avere molti più amici qua in Italia che in Belgio. Questo fatto rappresenta molto l’Italia. Non solo il sud“.
Rocco Papaleo: “Il sud ha bisogno di reagire”
Rocco Papaleo: “Per me questo è stato un personaggio di ripiego. Avrei preferito Diabolik, sia per la fisicità che per la mia attitudine al crimine“, racconta con ironia. “Poi alla fine il ruolo mi ha comunque affascinato: penso che il sud abbia bisogno di reagire, di iniezioni di fiducia. Quindi il progetto mi è piaciuto tantissimo. La forza di questo film sta nell’idea di essere ambiziosi nei sogni, cosa che dovrebbe fare il sud. Sono molto contento di aver avuto questo occasione, di raccontare un meridionale che sogna alla grande“.