Il Ragazzo Con La Bicicletta: la recensione del film

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Il Ragazzo Con la bicicletta – Newscinema.it

Jean-Pierre e Luc Dardenne, veterani della Croisette con due Palme d’Oro alle spalle (per Rosetta nel 1999 e per L’enfant nel 2002) hanno presentato il loro nuovo lavoro in concorso al Festival di Cannes 2011.

Da sempre i due registi francesi attirano l’interesse della critica internazionale ed anche in questo caso hanno ricevuto i giusti meriti per un film che non smentisce la loro linea autoriale. Il tema scelto (l’abbiamo già ritrovato in altri tre loro film, L’Enfant, La Promesse e Il figlio) è quello dell’infanzia, di una giovinezza travagliata da un rapporto padre-figlio particolarmente problematico.

ll protagonista è Cyril, ragazzo quasi dodicenne con una sola ossessione: ritrovare il padre che lo ha lasciato temporaneamente in un centro di accoglienza per l’infanzia. La storia si dipana proprio a partire da qui, dal dolore del ragazzino che il padre non ha voluto prendere con sé essendo stato costretto a vendere ogni avere compreso il proprio appartamento per poter ricominciare una nuova vita, nella quale sin dall’inizio non c’era posto per il figlio.

Cyril non si arrende, neanche di fronte al rifiuto del padre e dopo averlo rintracciato, tenta in ogni maniera di raggiungerlo, scappando più volte dall’istituto al quale era stato affidato. La storia sembra lasciarlo senza prospettive ma è proprio in quell’istante che subentra Samantha, una parrucchiera che incontrata per caso, decide di prendersi cura di lui. Ecco che con questa nuova figura al suo fianco, Cyril ricomincia a vivere, riavrà indietro la tanto agognata bicicletta che il padre aveva venduto e che Samantha riuscirà a restituirgli, conoscerà nuovi amici (figure positive e non) ed insieme a lei continuerà nell’ossessivo inseguimento di suo padre, seppur con la parvenza di una nuova famiglia alle spalle.

Mentre Cécile de France è stata subito la prima scelta dei Dardenne per il ruolo di Samantha: “Con lei sapevamo che avremmo evitato la psicologia, che sarebbe bastata la sua presenza, con il suo corpo ed il suo viso”, il giovanissimo Thomas Doret (Cyril), ha dovuto sostenere un provino insieme ad un altro centinaio di suoi coetanei interessati alla parte ma è risultato anche lui perfetto nel ruolo pensato dai due registi: “Thomas ci ha colpito immediatamente, siamo rimasti affascinati dal suo sguardo, dal suo lato cocciuto e concentrato…” e lui non ha deluso le aspettative riuscendo a tenere testa con bravura ad un personaggio irrequieto e profondamente turbato. Ritroviamo anche due fedelissimi dei Dardenne: Olivier Gourmet (in un breve cameo) e Jèrèmie Renier che interpreta il difficile ruolo del padre di Cyril.

Curioso è l’utilizzo della musica, seppur con parsimonia (i Dardenne non sono soliti lasciare spazio nei propri film alle colonne sonore) che viene inserita per brevi istanti ed in maniera per niente invadente, quasi a voler suddividere il film in tre macro sequenze. Pur essendo un film molto commovente, sfugge al sentimentalismo “bisognava evitare tutti i clichè della compassione” dice Jean-Pierre, e nonostante la violenza della storia di Cyril evochi non poca pietà nei suoi confronti, l’occhio dei due registi vuole concentrarsi altrove, sull’immagine di questo giovane ragazzo, che con tutta la sua rabbia e la sua ostinata rassegnazione, verrà placato e quietato grazie ad un altro essere umano.

 

 

 

 

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