Miss Hokusai, lungometraggio giapponese di animazione sulla vita della figlia del grande pittore Hokusai, fresco vincitore del festival di Annecy, ha aperto la 18° edizione del Future Film Festival a Bologna. Il regista Keiichi Hara mette in scena la giovinezza di O-Ei, a sua volta pittrice, ragazza ribelle e insieme devota all’ingombrante figura del padre, Hokusai, il pittore di vedute e di manga divenuto universalmente noto con la sua Onda. Ambientato nel 1814 tra le strade e le casette della vecchia Edo (l’odierna Tokyo), che si snodano lungo il fiume attraversato da un trafficato ponte di legno, il film intreccia la storia di O-Ei con lo spaccato di un fervido ambiente artistico, riprendendo la storia di Sarusuberi, la famosa serie manga di Hinako Sugiura pubblicata in Giappone negli anni Ottanta. O-Ei, figlia della seconda moglie del pittore, vive sola con il padre Tetsuzo, da tutti conosciuto come Hokusai Katsushika, un uomo dal carattere ombroso e completamente, e a volte follemente, assorbito dalla pittura. O-Ei, sensibile e volitiva, intreccia un rapporto profondo con la piccola sorellina malata e cieca, che vive ospite in un istituto lontana dagli occhi del padre, che la rifiuta. Fiera e rigida al tempo stesso, la ragazza esplora le sue capacità artistiche e sviluppa il suo talento cimentandosi negli stessi indirizzi del padre, compresa l’illustrazione erotica, senza aver ancora sperimentato nella vita ciò che ritrae. Abilissima pittrice, aiutante di Hokusai con cui dipinge a quattro mani senza che questo lavoro venga mai riconosciuto, O-Ei si troverà infine a toccare da vicino l’amore, il dolore e la passione, scoprendo se stessa.
Il film, con un andamento discontinuo che si rifà alla natura episodica dei manga, apre uno squarcio su realtà diverse: da un lato ritroviamo l’universo visionario e magico di spiriti e folletti, di demoni e draghi, che si intreccia al vivere quotidiano delle persone, dall’altro una brulicante città dove si affollano pescatori e venditori, editori e stampatori, locali e cortigiane, in un’epoca che vide gli ultimi samurai. Su tutto, in realtà, domina lo sguardo unificante del grande pittore Hokusai, che seppe riunire nel suo tratto unico e suggestivo le tante anime del Giappone a lui contemporaneo. Ricco di riferimenti iconografici all’opera di Hokusai, poetico nell’alternarsi delle stagioni e nelle scene di natura (bellissima la sequenza invernale delle sorelle nella neve), il film oscilla tra la ripresa di atmosfere evocative e scene grottesche, tra toni pittorici e suoni rock, offrendo uno spaccato molto interessante dell’universo nipponico, anche se non sempre riesce a trovare un tratto, soprattutto sonoro, che caratterizzi pienamente la sua identità stilistica, che si realizza appieno nell’avvincente sceneggiatura: il carattere pieno di sfaccettature di O-Ei e le doti e contraddizioni dell’artista Hokusai emergono con chiarezza nello snodarsi degli eventi, delineando le due figure di artisti nella loro più intima ed umile profondità.
Il film trova poi un valido contrappunto e un possibile approfondimento di lettura nella mostra Manga Hokusai Manga che parallelamente si è aperta al MaMBo, il Museo di Arte Moderna di Bologna, a cura della Japan Foundation di Tokyo: l’allestimento ripercorre la storia del genere evidenziandone gli stili specifici, a partire dai manga di Hokusai (che sono esposti in originale), ed evidenziandone le connessioni con l’universo del manga contemporaneo. Con questo film, in competizione per il Platinum Grand Prize del FFF, il regista Keiichi Hara, già autore di serie televisive e reduce dal successo di Colorful, inizia una collaborazione con il famoso studio di animazione Production I.G., che lo scorso anno è stato premiato al FFF proprio nella stessa categoria per il lungometraggio Giovanni’s Island.
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