Berlinale 73 | Il toccante discorso di Steven Spielberg nella sua versione integrale

Spielberg riceve l'Orso d'Oro (fonte: NewsCinema.it)
Spielberg riceve l'Orso d'Oro (fonte: NewsCinema.it)

Spielberg riceve l'Orso d'Oro (fonte: NewsCinema.it)
Spielberg riceve l’Orso d’Oro (fonte: NewsCinema.it)

Steven Spielberg, leggenda del cinema internazionale, ha ricevuto l’Orso d’Oro alla Berlinale 73 per il suo lavoro sul grande schermo che ha conquistato ed emozionato intere generazioni. Il regista ha ringraziato il festival e il suo pubblico con un toccante discorso.

Steven Spielberg è stato premiato con l’Orso d’Oro alla carriera del Festival di Berlino dal frontman degli U2 Bono, che ha fatto un’apparizione a sorpresa sul palco del Berlinale Palast nel corso dell’emozionante cerimonia speciale svoltasi la scorsa sera.

Dopo aver accettato il riconoscimento, Spielberg ha espresso la propria gratitudine con un discorso profondo e toccante, che vi proponiamo nella sua integralità.

Spielberg riceve l'Orso d'Oro (fonte: NewsCinema.it)

«Ben 118 anni fa Albert Einstein teorizzò che il tempo non è costante: accelera, rallenta, forse si curva anche su se stesso. E i fisici hanno ogi dimostrato che Einstein aveva ragione, il che è eccitante per tutti, ma forse un po’ meno per le persone che hanno raggiunto l’età che ho raggiunto io.

Perché quando hai 76 anni, probabilmente sai già che un Einstein di 26 anni ha colpito nel segno. Perché il tempo sembra essere misurabile solo da orologi e calendari. Il tempo è in realtà solo un trucco della mente, ed è un trucco della luce. Ho fatto il regista per molto tempo – sei decenni – ma mi sembra di aver diretto Duel e Lo Squalo l’anno scorso».

«A 76 anni so molto di più sul cinema di quando ne avevo 25. Ma le ansie, le incertezze e le paure che mi tormentavano quando ho iniziato a girare Duel sono rimaste lì per 50 anni, come se non fosse passato del tempo. Fortunatamente per me, la gioia che ho provato il primo giorno di lavoro sul set come regista è imperitura quanto le mie paure.

Perché non c’è posto più simile a casa per me di quanto non lo sia un set. La verità della mia vita è contenuta nelle mie paure, nelle mie gioie e nel mio lavoro. E nell’innamorarmi di una donna bella e brillante, un’artista straordinaria, compagna della mia anima, la mia Kate».

«Kate, che dal 1983 è lì accanto a me. Anche diventare papà… nel mio cuore, tutte queste cose sono successe ieri. Anche se Kate e io siamo stati insieme per 39 anni e i miei figli sono adulti ora. E io sono un nonno, per quanto incredibile mi sembri. Non è meno incredibile per me che mia madre e mio padre non ci siano più. Leah, mia madre è morta nel 2017, e tre anni dopo ho perso mio padre. Ora, nessuno, quando diventa orfano, può sfuggire al ricordo delle cose passate. Per la maggior parte della mia vita, sono stato su un treno ad altissima velocità».

«Ma il cambiamento e la perdita si accumulano, fino a quando ti rendi conto che sempre più della tua vita risiede nella memoria. Ed è per questo che ho deciso con il mio ultimo film, The Fabelmans, che era tempo di guardare indietro ai miei primi anni di vita, al mondo in cui sono nato, e da cui sono uscito per trovare la mia strada, commettere i miei errori e realizzare i miei film.

E grazie a questo, stasera sono a Berlino per accettare questo incredibile riconoscimento alla mia carriera. E c’è una certa ritrosia da parte mia nell’accettarlo, perché sono consapevole di non aver ottenuto nulla da solo. Tutti i miei film sono frutto di collaborazioni con grandi artisti. E così, naturalmente, la mia stessa vita, la mia famiglia, è stata sempre una collaborazione con altre persone».

«Mi allarmano questi riconoscimenti alla carriera, perché io non ho finito. Non ho finito! Voglio continuare a lavorare, voglio continuare ad imparare, scoprire, spaventarmi e spaventarvi. Finché ci sarà gioia per me nel farli, e finché il mio pubblico potrà trovare gioia nel vedere i miei film, non smetterò di lavorare.

Ad essere onesti, mi piacerebbe battere il record di Manoel de Oliveira e dirigere il mio ultimo film quando avrò 106 anni. Mio padre Arnold ha vissuto fino a 103 anni, quindi teoricamente ho i geni giusti, e forse avrò anche la fortuna di vivere così a lungo. Ma solo Einstein lo sa. Solo lui lo sa per certo».

«Ora, come ogni altro regista, ho un debito incalcolabile nei confronti del cinema tedesco. Da F. W. Murnau a Ernst Lubitsch, da Douglas Sirk a Robert Wiene e Fritz Lang. Pionieri e perfezionatori di un cinema che rivela la verità. Tra i registi della mia epoca, sono stato stimolato e ispirato da Fassbinder, Herzog, Margarethe von Trotta, Wim Wenders, Wolfgang Petersen, Volker Schlondorff, Thomas Tykwer. Se questo premio significa che il mio lavoro ha trovato una casa in Germania, allora stasera mi sento come se fossi a casa anch’io».

Berlinale 73 | Spielberg: «Da regista ebreo, felice per questo premio»

«Questo riconoscimento ha un significato particolare per me perché sono un regista ebreo. E mi piace credere che questo sia un piccolo momento in uno sforzo molto più grande e continuo di guarire le ferite della storia; ciò che gli ebrei chiamano “tikkun olam”, la riparazione e la restaurazione del mondo.

Per questa ragione ho fondato la USC Shoah Foundation nel 1994 perché sono convinto che ciò che ha scritto lo storico Yosef Hayim Yerushalmi sia vero: l’opposto della giustizia non è l’ingiustizia, l’opposto della giustizia è l’oblio. La riconciliazione è possibile solo quando ricordiamo cosa è successo».

Spielberg riceve l'Orso d'Oro (fonte: NewsCinema.it)
Spielberg riceve l’Orso d’Oro (fonte: NewsCinema.it)

«L’archivio video della USC Shoah Foundation ha raccolto le testimonianze dei sopravvissuti all’Olocausto, così come testimonianze di atrocità e genocidi in tutto il mondo. E la Germania è stata a lungo un partner essenziale nel lavoro della USC Shoah Foundation.

Privati cittadini, il governo tedesco e il Festival del Cinema di Berlino si sono uniti a noi nel raccogliere e intervistare testimoni, produrre documentari, diffondere materiali educativi e aiutarci a rendere i nostri archivi ampiamente disponibili in tutta la Germania e nell’Europa occidentale».

«Il popolo tedesco si è mostrato disposto a conoscere la storia del suo Paese, ad affrontare le sue lezioni riguardanti l’antisemitismo, il fanatismo, la xenofobia – i precursori dell’Olocausto. Altri Paesi, compreso il mio, possono imparare molto dalla coraggiosa determinazione del popolo tedesco ad agire per impedire ai fascisti di tornare al potere.

Una nazione può essere chiamata giusta solo se rifiuta la comoda amnesia che tenta tutti noi. E dopo il 20esimo secolo, nessuna nazione dovrebbe illudersi di meritare di essere chiamata “giusta”. Ma non dobbiamo negare la possibilità della giustizia, non dobbiamo smettere di perseguirla. Questa ricerca è la nostra migliore speranza di trovare un significato nella vita e si inizia sempre con il ricordare».

«Quindi, sono qui a Berlino ad accettare l’Orso d’oro, e devo confessare che gli orsi mi spaventano per davvero. Più ancora degli squali. Ma è bello avere paura. Sono grato, emozionato e in qualche modo timoroso. Quindi grazie per questo Orso d’Oro, che mi grida: “Guarda indietro, guarda dove sei stato”. E non riesco a immaginare un’occasione più significativa per farlo. Grazie».

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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