Sean Penn indossa nuovamente l’elmetto militare e stavolta, senza nessun contesto “fiction” attorno, attraversa l’Ucraina martoriata dalle bombe e dalla guerra nel documentario Superpower, presentato in concorso alla 73esima edizione del Festival di Berlino.
Nel novembre 2021, Sean Penn entra ufficialmente come attore e regista in un progetto dedicato alla figura dell’attuale presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky. Le circostanze, però, hanno voluto che Penn e il suo co-autore Aaron Kaufman si trovassero a Kiev proprio nei giorni in cui la Russia ha dato il via alla sua “operazione militare speciale”.
Forse la cosa più interessante di Superpower è proprio questa: la sua strana e surreale genesi, che occupa la prima mezz’ora del film. La velocissima reazione a catena di eventi che ha trasformato un progetto originariamente dedicato al percorso di Zelensky da attore comico e finto presidente dell’Ucraina a vero leader del paese, in tutt’altro: in un doc di guerra che segue la star di Hollywood prima, durante e dopo l’invasione russa.
Già precedentemente allo scoppio delle ostilità, quindi, la produzione del film aveva capito che l’Ucraina sarebbe stata una nazione cruciale per decidere il futuro non solo dell’Europa, ma anche e specialmente degli Stati Uniti d’America (è infatti al pubblico americano che il documentario, in alcuni casi espressamente “pedagogico”, si rivolge esplicitamente). In una involontaria citazione del Nanni Moretti di Santiago, Italia, è lo stesso Sean Penn a rivendicare che il suo non può essere “un film imparziale” e che non gli dispiace, in questo caso, essere “considerato un propagandista”.
La decisione di cominciare a girare il film proprio in quei mesi è però data non tanto dalla volontà di “andare sul campo”, quanto dall’iniziale convinzione di Sean Penn (e della produzione, che aveva comunque il compito di salvaguardarne l’incolumità) che un’invasione russa non era effettivamente all’ordine del giorno e che Putin non si sarebbe mai spinto così lontano. Quell’errore di calcolo lo ha invece portato ad essere la persona più famosa del mondo in quel momento sul campo di battaglia, cambiando completamente il destino del documentario, che a quel punto ha cominciato ad assumere i toni del reportage e dell’inchiesta.
Superpower | il reportage di Sean Penn dall’Ucraina
Superpower
però non riesce a mostrare nulla di più di quanto non vediamo già da un anno quotidianamente sugli schermi televisivi di tutto il mondo. Non ha un punto di vista particolarmente interessante sugli eventi e la presenza di Sean Penn non aggiunge granché al racconto giornalistico che centinaia di valenti reporter stanno portando avanti senza sosta dall’inizio del conflitto.
Sean Penn con il presidente Zelensky in Ucraina (fonte: ANSA)
Il mondo intero guarda all’Ucraina con compassione e giustamente condanna le azioni disumane dell’esercito russo nel Paese. Tuttavia, Superpower fa poco o nulla per chiarire le complesse questioni geopolitiche che coinvolgono l’Ucraina e non cerca nemmeno di esplorare le innumerevoli conseguenze del conflitto sul resto del mondo e sugli equilibri internazionali.
Penn e Kaufman riducono l’intero documentario ad un unico “grido di battaglia”, sperando di convincere l’opinione pubblica e gli spettatori a fare pressione sui propri governi affinché vengano inviate sempre più armi in Ucraina. Quella di presentare il film in in anteprima mondiale a Berlino, dopo le polemiche sulla “reticenza” di Scholz ad avvallare aiuti militari ancora più pesanti, non è sicuramente una scelta casuale.