Bryan Bertino, regista di The Strangers e nome particolarmente caro agli amanti del cinema horror, torna alla regia dopo diversi anni passati lavorando come sceneggiatore. Il nuovo The Dark and the Wicked è stato presentato al Festival di Torino.
The Dark and the Wicked | la recensione
Dopo aver diretto un piccolo cult come The Strangers (svecchiando il sottogenere della home-invasion prima dell’avvento di You’re Next e madre!) e dopo aver rinchiuso in casa i protagonisti di Mockingbird, alle prese con una macchina da presa maledetta, Bryan Bertino torna ancora una volta sul luogo del delitto che ha da sempre caratterizzato la sua filmografia, affermando una volta per tutte che la propria abitazione non è il posto da cercare per essere al sicuro, ma quello da cui fuggire per salvarsi. Così, similmente a quanto accadeva in The Monster, che iniziava con la piccola Lizzy diretta verso la casa del padre e della sua nuova compagna, per sfuggire a una mamma alcolizzata e indolente, il nuovo The Dark and the Wicked racconta di due fratelli che tornano alla fattoria di famiglia per dare l’ultimo saluto al proprio genitore moribondo. Dopo pochi giorni, però, si insinua in loro il dubbio che qualcosa di malvagio si stia impossessando della casa.
Tra spettri e ferite tangibili
The Dark and the Wicked non vuole far appassionare i propri spettatori alla condizione “umana” che vivono i due protagonisti e invece mira a mostrare fino a che punto una persona può sopportare il dolore e gli avvenimenti funesti che si abbattono su di sé. Centro nevralgico del film è la credibile e disperata interpretazione di Marin Ireland: immergendosi a fondo in questa performance, l’attrice di Io sono leggenda riesce a declinare in maniera sempre diversa la propria pena psicologica e fisica, stupendo per l’abilità con cui riesce a mettere in scena attraverso una grande varietà di sfumature una sola emozione, quella della sofferenza.
Paura e violenza
Pur avendo diversi punti di contatto con alcuni degli horror più recenti e apprezzati degli ultimi anni (Relic per ovvie comunanze tematiche), quella di Bertino è un’opera cruenta e crudele in un panorama in cui sempre meno film cercano lo shock attraverso l’efferatezza. Proprio per sfuggire alla deriva metaforica e introspettiva di tanti lavori similari per estetica ed ambizioni, The Dark and the Wicked utilizza il martirio della carne per rendere concreta ed esplicita la paura che anima il racconto e lo rende irrequieto nonostante l’andamento compassato.