“Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo, ci proponiamo attraverso l’uso del nostro specifico, di ricostruire le tre versioni avallate dalla magistratura sul presunto suicidio dell’anarchico Pinelli” così Gian Maria Volontè esordiva all’inizio del cortometraggio Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli di Elio Petri, che ha ispirato Sabina Guzzanti per il suo nuovo film presentato Fuori Concorso alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, La Trattativa.
La regista di Viva Zapatero! e Le Ragioni dell’Aragosta sceglie di raccontare la famosa questione della trattativa Stato – Mafia secondo un nuovo registro stilistico e un originale schema narrativo. Mette in scena una serie di attori che, seguendo il metodo brechtiano, entrano ed escono da vari personaggi, protagonisti di alcuni degli eventi più incisivi legati al rapporto tra mafia e politica nel nostro paese. “Senza la trattativa questo sarebbe un paese migliore e avremo forse ancora Falcone e Borsellino, due persone in gamba” sottolinea la Guzzanti. Gli attori hanno così la responsabilità di raccontare una storia ricostruita grazie ad un grande lavoro della regista nel consultare libri, articoli, verbali ufficiali e ore di registrazione. “C’è stata una lunga ricerca e ho provato a scrivere varie sceneggiature in chiavi diverse. Mi ha colpito il cortometraggio di Elio Petri per raccontare questo tema, ed è stata una svolta per un meccanismo che consente una certa libertà creativa, una recitazione brechtiana degli attori, e ricordiamo allo spettatore che si tratta del punto di vista di quel personaggio. Sono fatti realmente accaduti, di chi sia la colpa è un’altra storia. Ho scoperto molto materiale, anche grazie a Radio Radicale, per ascoltare registrazioni e testimonianze dirette e ufficiali” ha dichiarato la Guzzanti in conferenza stampa. In tal modo un argomento complesso, ricco di informazioni e dettagli storici, diventa una storia interessante da conoscere e da seguire, per comprendere meglio le reazioni delle istituzioni e i comportamenti dei protagonisti rispetto a quanto accaduto in Italia in quel periodo.
Dalle stragi manovrate da Cosa Nostra con attentati sanguinosi nelle principali città italiane negli anni ’90, il film arriva fino all’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ripercorrendo le indagini e le testimonianze degli indagati e dei rappresentanti delle Forze dell’Ordine che hanno partecipato attivamente a quel particolare periodo socio-politico del nostro paese. La storia prende forma analizzando anche il passato e la formazione delle principali figure della trattativa, come Gaspare Spatuzza, Vito e Massimo Ciancimino, Marcello Dell’Utri, Silvio Berlusconi, il Colonnello Mori, il Colonnello Riccio e tanti altri, con un approccio umoristico, informativo e anti-retorico che coinvolge e non annoia, ma soprattutto è utile per far discutere la gente sull’argomento e farlo conoscere a coloro che non lo hanno mai approfondito. “Lo scopo del film è quello di permettere a tutti, anche a chi non legge mai il giornale, di capire i fatti che hanno cambiato il corso della nostra democrazia. Se gli italiani conoscessero bene i fatti sarebbe meglio. Capire chi ha preso queste decisioni per creare l’Italia di oggi, un paese che è cambiato in un modo così rapido. Il cinema appartiene ad una dimensione collettiva e dà una forza diversa rispetto ad altri mezzi. Guardare un film del genere insieme dà più coraggio” ha aggiunto la regista.
La Guzzanti ci ha abituati ad uno stile di docu-film originale e dinamico, che riesce a far correre parallele la finzione e la realtà documentata, che collaborano per disegnare un quadro esauriente e obiettivo dei fatti accaduti. L’ uso del green screen e un’immagine coerente con la messa in scena teatrale sono insieme tradizione e innovazione sul grande schermo, per un’opera utile, didattica e impeccabile dal punto di vista tecnico. La regia, la sceneggiatura e il montaggio viaggiano senza intoppi dall’inizio alla fine, e il ritmo è calzante e ipnotico, nonostante lo spessore dell’argomento trattato. Si prevede la nascita di qualche polemica, come spesso accade per l’opera di Sabina Guzzanti, ma come lei stessa ha dichiarato : “Tutto è verificato e iperverificato, per questo il mio film è inattaccabile. Alla base c’è la convinzione che se un politico viene assolto non vuol dire che è innocente, ma semplicemente che non si sono trovate le prove per condannarlo, ma l’opinione pubblica è libera di trarre le sue conclusioni”.