Bastarden è stato presentato in concorso all’80ª edizione del Festival di Venezia il 31 agosto. Ecco cosa ne pensiamo.
Bastarden (The Promised Land) è una produzione danese della durata di 127 minuti ed è basato sul romanzo Kaptajnen og Ann Barbara di Ida Jessen ed è diretto e in parte sceneggiato dal regista Nikolaj Arcel.
Siamo nel 1755 e il capitano dell’esercito danese Ludvig Kahlen, dopo la pensione decide di affidarsi al proprio istinto per guadagnarsi da vivere. Sceglie così di posizionarsi nell’arida brughiera dello Jutland per coltivare la terra.
Da qui saranno molteplici le difficoltà che dovrà affrontare per raggiungere il proprio obiettivo, prima su tutte l’irrefrenabile bisogno di sfida del potente proprietario terriero Frederik de Schinkel. Severo, austero e impassibile, così ci viene presentato subito il protagonista Ludvig perfettamente interpretato da un Mads Mikkelsen polarizzante.
Il film rende chiaro fin da subito allo spettatore, quale sia la caratteristica primordiale di colui che dovrà portarci sulle proprie spalle verso la Terra Promessa, ossia il distacco emotivo.
Mads Mikkelsen è un uomo ostinato
Un uomo ostinato al centro del proprio destino in un’esistenza forgiata su valori per lui determinanti, fatti d’integrità speranze e duro lavoro. Una figura segnata dall’imposizione di regole ferree, ai limite del maniacale, incancrenite in lui ormai da tempo, che da un lato sono la causa del suo stato d’animo dall’altro lo scoglio da smussare.
Questo sarà soltanto l’incipit però di un percorso di formazione interiore, che porterà a una sincera e misurata evoluzione, in grado di smuovere il groviglio emotivo appassito in un vortice di nuova sensibilità. Di contro troviamo invece l’antagonista di questa storia, Frederik de Schinkel, colui che in ogni modo cerca di ostacolare gli intenti dell’ex capitano.
Un uomo prigioniero della propria invidia e avidità tanto da manifestare ad ogni occasione l’infermità mentale di cui soffre, tra crudele ingiustizia e sadico abuso di potere.
Proprio come i bambini fanno con i propri giocattoli, Frederik insiste capriccioso nel suo gioco mortale di annientamento vite, vittima di pregiudizi etnici (come le menti più ottuse dell’epoca), sete di vendetta ed esagerato ego personale. Il film trova piena dinamicità e coinvolgimento nello spettatore pur librandosi in una lenta ma giusta narrazione, ed è proprio grazie a questo elemento che riesce a far breccia tra i titoli di questo 80° Festival.
Un film di spazi aperti
C’è ampio spazio anche per l’emotività che esplode in un senso di famiglia inaspettato per i personaggi, attraverso rapporti che si sviluppano istintivamente, trasportati dagli eventi della vita e concentrati poi in un amore difficile da esibire a parole, ma potente nei fatti.
A fare da cornice a questa narrazione così intensa, troviamo poi spazi aperti e panoramiche naturali capaci di riempire gli occhi quanto di valorizzare il contesto.
Il travolgente Mikkelsen dunque con la sua esemplare interpretazione evidenzia quanto sia errata ma al tempo stesso anche giusta, la ripetitiva frase più volte citata durante il film ‘la vita è caos’. A volte è proprio quel caos a liberarci, a svegliare il calore umano intiepidito, utile a stroncare tutte quelle impostazioni morali che da sempre ci hanno vincolato.