Festival di Roma: Aspettando il mare, la recensione del film russo Fuori Concorso

Anche la Russia è presente al Roma Film Festival 2012 con il film Waiting for the sea (Aspettando il mare) all’interno della sezione FuoriConcorso. Il regista Bakhtiar Khudojnazarov ha voluto raccontare una storia di determinazione e sentimenti, partendo da uno dei più grandi disastri ambientali accaduti nel XX secolo, ovvero il prosciugamento del Lago d’Aral in Asia Centrale, sul confine fra il Kazakistan e l’Uzbekistan. Il Capitano Marat esce in mare come sempre per pescare qualcosa e porta con sé la giovane moglie, nonostante quest’ultima gli avesse sconsigliato di partire per i consigli di una maga del villaggio. L’uomo non bada agli avvertimenti e, insieme, salpano fino a quando non vengono travolti da una violenta tempesta, dalla quale solo Marat ne esce come sopravvissuto. Dopo molti anni, egli riesce a ritornare al suo villaggio, stanco e disidratato, e con un peso sul cuore, che lo porta ad iniziare un’impresa impossibile per ritrovare la moglie e soprattutto il mare, che sembra essere scomparso dalla faccia della terra. La sua gente lo odia perchè lo ritiene responsabile del terribile naufragio e della morte dell’intero equipaggio, ma Marat è letteralmente ossessionato dal dolore e dall’accaduto e tenta disperatamente di ritrovare il mare, trascinando con ogni mezzo possibile il relitto della sua nave per km e km di terreno arido e deserto.

Fra il 1960 e il 1990 si è verificato il terribile sconvolgimento dell’equilibrio biologico della regione in cui si svolge il film, che è stato lo spunto di ispirazione per il regista che ha portato sullo schermo una storia originale e curiosa, che però non è supportata da un ritmo dinamico e calzante. Infatti è difficile per lo spettatore farsi coinvolgere dall’impresa di Marat, seppur epica e dolorosamente ecologica, poiché il regista decide di farsi catturare più dal paesaggio e da inquadrature affascinanti e suggestive che sembrano cartoline, tralasciando però i dialoghi, che restano incastrati in una struttura basica e povera, e la trama, che rimane omogenea e piatta, senza particolari colpi di scena o svolte narrative interessanti. Il cuore e l’animo del Capitano Marat si prosciuga con il mare e l’unico modo per ritrovare la serenità e la sua anima, è riportare la nave distrutta e abbandonata a se stessa, nuovamente tra le onde. La strage ambientale è la causa dei profondi problemi esistenziali di un uomo rimasto solo, senza l’amore della moglie e senza lavoro, quindi senza uno scopo per vivere. Tuttavia al centro del film c’è il tema ecologico nella forte simbiosi tra l’uomo e la natura, ma il film risulta lento soprattutto nella prima parte, e ha più una denotazione di meditazione estetica, poichè soddisfa pienamente dal punto di vista visivo, ma è carente di contenuto e poco coinvolgente.