Terzo e ultimo film italiano in concorso alla settima edizione del Festival di Roma, E la chiamano estate, è stato accolto stamane dalla stampa non positivamente. Risate e fischi durante e a fine proiezione e un difficile quanto teso dialogo con il regista in conferenza stampa, sono le prime tappe di questo film al festival, che sarà presentato in prima nazionale stasera alle ore 22.15 in Sala Sinopoli. In conferenza erano presenti il regista Paolo Franchi, i protagonisti Isabella Ferrari e Jean-Marc Barr, Luca Argentero, Filippo Nigro, Eva Riccobono, Anita Kravos, Christian Burruano, Sonia Raule e la produttrice Nicoletta Mantovani. Distribuito da Officine Ubu, il film sarà nelle sale dal 22 Novembre.
D: “Paolo, qual era la tua intenzione, volevi spiare la vita di una coppia fuori dal comune o cercavi di indagare un male più generale?”
Paolo Franchi: “Raccontare l’amore che può essere inteso come condivisione del dolore, come un veleno. Si tratta di una visione fuori dalla società e dai baci Perugina.”
D: “È un classico caso di impotenza secondaria situazionale quello che è rappresentato nel, ma poteva essere reso molto meglio.”
Nicoletta Mantovani: “Ho scelto questo copione perché raccontava in forma metaforica quello che succede a tante coppie. Essendo un film ha la sua storia, non è un documentario. Non c’è nulla da indagare in ambito psicologo, è finzione.”
D: “Isabella, quali sono le donne che ti piace portare sullo schermo? Hai provato imbarazzo a girare certe scene?”
I.Ferrari: “Dipende dal regista che mi propone il film, devo apprezzarne la cinematografia. L’incontro con Paolo è stato fondamentale per accettare il film. Lo considero un film d’autore. Quando un anno fa me l’ha proposto, ne avevo capito poco, ma mi sono buttata nel lavoro. Ho sempre del pudore nel raccontare come un attore arriva ad un determinato ruolo, ma in questo caso non ho costruito una performace. Mi sono concentrata sul vuoto. Questo mi ha favorito nella ricerca di quella morbidezza che mi ha aiutato a fare quelle scene di nudo, per nulla imbarazzanti per me, per la prima volta nella mia vita. La partecipazione a questo film la considero una grande esperienza nel mio percorso artistico.”
D: “Avete scelto il titolo prendendolo da una canzone famosissima di Bruno Martino, che parla di amore, tutt’altro rispetto a quello che avete rappresentato, perché?”
P.Franchi: “I titoli si possono usare anche come contrappunto.”
D: “La scelta di far ripetere al protagonista Dino la lettera-confessione scritta ad Anna per 5 volte, che cosa dovrebbe esprimere?”
P.Franchi: “Questo film è una considerazione transtemporale del rapporto di coppia. Se passato, presente e futuro si fondono in un’unica realtà, la reiterazione la trovavo interessante, come un’ossessione che si ripete in un tempo interiore. Il film non ha un’impronta realistica, quindi il tempo non ha uno sviluppo longitudinale.”
D: “Diteci qualcosa sui contributi istituzionali ricevuti. Quanto è costato il film?”
N.Mantovani: “1 milione e mezzo: dal MIBAC sono arrivati 400 mila euro, dall’ Apulia Film Commission 80 mila euro, per quanto riguarda la Regione Lazio non so ancora se incasseremo.”
D: “Si è parlato nei giorni scorsi di “Movimento cinematografico italiano”. Questo film può aiutare il movimento, e se si, come e perché?”
N.Mantovani: “Per produrre un film d’autore, che non farà botteghino, ci vuole il coraggio del produttore. Ma non è questo il modo di accogliere un’opera come questa.”
I.Ferrari: “È uno dei pochi casi di produzione indipendentemente!”
Jean- Marc Barr: “Il regista sta cercando di creare qualcosa di provocatorio in un’epoca particolare, in maniera sincera, ma non dovreste ucciderlo così.”
P.Franchi: “Io credo che, per via della tv, la cultura in Italia si stia livellando. Non c’è più la diversità, la ricerca. Il mio film è una ricerca personale, e le ricerche fanno l’Italia un paese ricco. Questo è quello che penso al di là che piaccia o no il mio film.”
D: “Perché hai scelto questo linguaggio così ermetico? Come puoi arrivare a tutti”
P.Franchi: “L’arte è egoista. Non ho la presunzione di arrivare a tutti. Tutto è soggettivo. Capisco che possano infastidire i tempi morti, questo apparente “non succede niente”. In ogni caso, se non è piaciuto ad molti dei presenti, a me interessa che sia possa piacere anche solo ad uno.”
D: “Alla Mantovani, se ha in mente altre produzioni?”
N.Mantovani: “In questo momento è come quando ti chiedono se vuoi un altro figlio appena uscita dalla sala parto. Vedremo!”