Paolo Franchi si è imposto al pubblico nel 2004 con il suo primo lungometraggio, La spettatrice. Dopo l’eccezionale successo testimoniato dalla partecipazione al TriBeca Film Festival di De Niro e dalla distribuzione in 25 paesi, oltre che dai numerosi premi vinti, il cinema di Franchi ha cominciato a risultare poco comprensibile, prima al pubblico, con l’uscita  di Nessuna qualità agli eroi (2007), poi alla critica con la presentazione al 7.Festival di Roma della sua ultima opera d’autore, E la chiamano estateAnna (Isabella Ferrari) e Dino (Jean-Marc Barr) sono legati da un rapporto d’amore fuori dal comune, perché l’uomo non riesce a soddisfare sessualmente la donna. Mettendo in atto una sorta di autopunizione ossessiva, Dino parla con tutti gli ex di Anna, per sapere come si comportava e chiedendo loro di soddisfarla. Il passato infelice di Dino, lo porta a dividere l’amore dal desiderio sessuale, che riversa con violenza su alcune prostitute o in incontri con una coppia di scambisti.

Il regista dedica il film alla depressione, scegliendo un linguaggio piuttosto ermetico, pieno di ripetizioni. L’obiettivo è quello di far entrare lo spettatore in un universo maniaco-depressivo, in cui passato, presente e futuro si mescolano in un’unica realtà. Altro tema è l’amore: può definirsi rapporto d’amore una relazione che non trova sublimazione nel sesso? Seguendo la vicenda di Anna a quanto pare sì. La donna si sente profondamente amata, nonostante i continui tradimenti del marito. La convinzione di essere l’unica nei suoi  pensieri amorosi, le dà forza e la fa sentire protetta. A parole, perché lo sviluppo della storia porta Anna a cercare conferme sessuali da un ragazzo (Christian Burruano) e a sottoporsi alla psicanalisi. Nel tentativo di difendere la sua donna dalla voragine che sente di avere dentro, Dino finisce lo stesso per intrappolarla in una sofferenza distruttiva, tanto che l’unico rimedio al dolore diventa una soluzione irreversibile.

Il testo romantico della celebre canzone di Bruno Martino ha poco a che vedere con la vicenda di Dino e Anna in senso chiaramente provocatorio. Tale vicenda potrebbe anche essere interessante, se il linguaggio scelto dal regista e dagli sceneggiatori fosse però diverso. Non per un discorso di necessaria accessibilità a tutti, è infatti pacifico che un film d’autore non per forza debba parlare a grandi platee, ma è anche vero che il linguaggio cinematografico e una storia ben scritta hanno una forza universale, perciò al di là dei gusti e in tal senso un film può essere meno o più riuscito. Il film sarà distribuito, da Officine Ubu, il 22 Novembre e il giudizio finale sarà, come sempre, nelle mani degli spettatori.