Il FFF 2015 ha presentato in Italia Last Hijiak, un innovativo docufilm di Tommy Pallotta e Femke Wolting che intreccia riprese tradizionali ed animazione per raccontare la realtà della pirateria somala da un punto di vista interno. Già vincitore dell’International Emmy Award 2015 e del Prix Europa 2014, il documentario segue la vicenda di Mohamed, pirata della Somalia che, caduto in disgrazia economica, decide di tentare un ultimo attacco nonostante l’opposizione della famiglia d’origine e della nuova giovane fidanzata, che poi sposa.
La pirateria è stata per anni una voce in straordinario attivo dell’economia somala, che ha visto trasformare un popolo di pescatori e contadini, stremati e rovinati dalla guerra civile, in bande di pirati che hanno maneggiato un fortissimo flusso di denaro grazie al business dei ricatti internazionali. Negli ultimi tempi, il vento è cambiato, con una forte opposizione anche della società civile, che non trova più così naturale questo tipo di attività criminale. Pallotta segue Mohamed mentre raduna una piccola banda personale per l’ultimo colpo grosso che dovrebbe sistemarlo per la vita: un gruppo raccogliticcio di uomini di tutte le età ed estrazioni, compreso un pescatore di mezza età a cui viene anche promessa una nuova dentiera, dando la misura di quale sia la realtà di base da cui scaturisce il fenomeno. Contemporaneamente, il regista intervista il coraggioso direttore di radio Daljir, Abdifatah Omar Gedi, un attivista antipirateria che ha visto i suoi colleghi e il fratello morire a causa del loro impegno civile, e gli anziani genitori di Mohamed, che vivono in una baracca accudendo i numerosi nipoti, bambini di cui il figlio non si è mai curato. Nel frattempo, segue le vicende del fidanzamento e del matrimonio del pirata, proponendo una figura consapevole delle proprie contraddizioni, e contemporaneamente quasi incredibile nella sua apparente normalità.
Le riprese si intrecciano in maniera fortemente evocativa con le parti in animazione, che talora ricostruiscono i flashback del doloroso passato di Mohamed, (la perdita dei campi e della casa, gli orrori della guerra civile, l’attività criminale del padre che rapina le auto di passaggio per mantenere la famiglia), e altre volte rievocano i primi attacchi intrapresi come pirata. Le parti più notevoli ed efficaci realizzate ad animazione sono quelle che incarnano i sogni, le aspirazioni e le paure di Mohamed, che si alza in cielo come un immenso rapace per ghermire lo scafo della nave, e che però affronterà anche i rischi e le terribili conseguenze del suo ultimo attacco. Il regista ci offre così più piani di lettura. Innanzitutto troviamo uno spaccato estremamente interessante della società somala, nelle sue manifestazioni più diverse per cultura e genere, dal matrimonio combinato alla povertà dei villaggi, dall’attivismo civile all’arrabattarsi quotidiano, tra persone che rischiano la vita qualunque sia la parte da cui decidono di stare, conservando una forma di sorridente fatalismo che è sconosciuta a noi occidentali; contemporaneamente, certi passaggi delle interviste e le parti ricostruite ad animazione rendono una profondità dei personaggi e delle loro emozioni che non sempre si riesce a rintracciare nella non-fiction. Pallotta, importante regista indipendente, è uno dei maggiori sperimentatori al mondo nell’uso del rotoscopio, la tecnica che sfrutta la sovrapposizione con immagini reali per costruire la scena animata, e sfrutta le caratteristiche di questo metodo per rendere con vibrante efficacia scene di fortissima suggestione, creando un’opera che ha certamente meritato i premi e i passaggi a Berlino, Annecy e Sheffield.
TRAILER