La Famiglia Fang, la recensione del film di Jason Bateman

È quasi naturale per un attore, dopo anni passati davanti alla macchina da presa seguendo le indicazioni di un regista, di voler passare un giorno sulla tanto agognata sedia del cineasta e realizzare un film che sia finalmente proprio. In questo 2016 già Joel Edgerton, dopo una prova non eccellente come star in Black Mass, è riuscito a confezionare con successo il suo Regali da uno sconosciuto, thriller coraggioso e affascinante sulla scia del maestro Michael Haneke e del suo Niente da nascondere.

Nel difficile ruolo di regista si cimenta questa volta invece uno dei volti più noti della commedia americana del ventunesimo secolo, Jason Bateman, salito alle luci della ribalta specialmente per il suo ruolo in Come ammazzare il capo e vivere felici e, per onor del vero, già autore del misconosciuto Bad Words del 2013. La Famiglia Fang, questo il titolo del film in uscita il prossimo 1 settembre, è però una pellicola decisamente più raffinata e intelligente di quello che ci si potrebbe aspettare da un mattatore della comicità sfrenata a stelle e strisce come lui.

Scena dal film La Famiglia Fang
Scena dal film La Famiglia Fang

Arte fine a se stessa e arte per denaro

Bateman, da uomo immerso nello star system qual è, rappresenta in maniera spesso cinica e divertita ciò che ruota attorno al mondo dello spettacolo, dai giornalisti ai critici televisivi, dalle stelle del grande schermo ai manager cinematografici. Nonostante la protagonista Nicole Kidman (qui anche in veste di produttrice) non abbia la stessa carica struggente e disperata del tragico personaggio di Julianne Moore nel sottovaluto Maps to the stars del maestro David Cronenberg, il personaggio di Annie riesce a creare una connessione con lo spettatore grazie al sicuramente originale background che rappresenta la sua infanzia. I flashback riguardanti la sua folle e sconclusionata famiglia di attori di strada, infatti, rappresentano la parte più interessante e divertente del film, la gioiosa vitalità di un tipo di arte fine a se stessa in contrapposizione con quella studiata e programmata a tavolino dai grandi studios hollywoodiani.

Il vecchio padre scorbutico interpretato dal sempre meraviglioso Christopher Walken è forse una incarnazione sincera proprio della coscienza dello stesso Bateman, di quella parte di lui stanca di dover sottostare alle logiche di un mercato che sacrifica il concetto stesso di cinema nel nome del denaro. ”Vi sto dando la possibilità di essere artisti”, grida Walken ai suoi due figli, “di liberarvi di questi stupidi popcorn movies e delle pubblicità di assorbenti”. I genitori dei due protagonisti hanno sempre fatto della loro vita, e di quella dei propri figli, una grande opera di arte sperimentale, tanto da non permettere più ai due ragazzi di distinguere ciò che era effettivamente vero da ciò che era opera dei loro genitori. Perché “un bicchiere che si rompe è arte, un bicchiere intatto non lo è”, come direbbe ancora una volta papà Walker, e la manipolazione artistica deve modellare la materia viva, non quella inerte. Ma proprio quando la pellicola sembra imboccare una strada ben precisa, la narrazione assume una piega totalmente inaspettata, virando sul giallo e sul mistero, riuscendo a catturare lo spettatore attraverso la domanda: “è verità o finzione” ?

La Famiglia Fang film

Una commedia agrodolce nel desolante panorama moderno

Tutto quello che è arte non può avvenire in un ambiente controllato, “altrimenti sarebbe solo tassidermia”, afferma il “maestro” Hobart in una delle vecchie interviste che spezzano il racconto. E se la forma con cui Bateman confeziona questo film è classica e priva di particolare inventiva, il contenuto è invece di ben altro interesse. In conclusione La Famiglia Fang non è certamente un film rivoluzionario o indimenticabile, ma una commedia piacevole e nostalgicamente vecchio stampo in un panorama sempre più saturo di una comicità spesso indecente e fintamente scorretta, che abbrutisce e infastidisce quando dovrebbe semplicemente far sorridere.

Lo spunto, inoltre, è sicuramente originale e Bateman riesce a portare la proprio opera prima al di là della semplice descrizione famigliare, vista già centinaia di volte su grande schermo, parlando di argomenti più grandi e importanti, e cimentandosi con successo anche con atmosfere diverse da quelle a cui siamo stati abituati con i suoi lavori da attore. Una bella sorpresa realizzata con gusto e passione, che vi consigliamo nella speranza che il simpatico Bateman possa continuare su questa promettente strada.

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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