ha realizzato un sondaggio internazionale per capire se il dolore per la perdita di un animale domestico può essere paragonabile a quello per la perdita di un essere umano. In Italia, Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e Polonia il famoso portale dedicato agli animali, ha intervistato più di 10000 proprietari di cani e/o gatti su questo argomento delicato e in ogni paese è emersa una realtà simile che potete leggere qui: Inchiesta Lutto WAMIZ Italia. Per questo ci è venuta l’idea di ricordare cinque film che trattano questo argomento, ovvero l’elaborazione del lutto di un amico a quattro zampe, a cui non vorremmo pensare, ma che è spesso inevitabile.
L’isola dei cani
Fino a dove si è disposti a spingersi per recuperare il proprio cane scomparso? Il piccolo Atari Kobayashi del film di Wes Anderson, nipote del sindaco della città di Megasaki, responsabile di un decreto che bandisce tutti i cani, ruba addirittura un piccolo aeroplano per raggiungere l’Isola sulla quale gli animali sono stati trasferiti per motivi di sicurezza. La sua unica missione è quella di ritrovare il suo amato Spots. L’Isola dei Cani gioca nell’esagerare l’indolenza (solo fisica) delle persone e degli animali di cui narra e conferma ciò che forse era già chiaro dal Fantastic Mr. Fox del 2009, ovvero che l’animazione frame by frame è la maniera migliore che Wes Anderson ha a propria disposizione per inscenare le sue fiabe di ribellione, nelle quali i personaggi compiono una serie lunghissima di peripezie ma sono quasi sempre ripresi da fermi.
Wendy and Lucy
Il meraviglioso film di Kelly Reichardt, fra le autrici più apprezzate del cinema indipendente americano, mette in scena il viaggio attraverso la solitudine di Wendy (Michelle Williams), giovane ragazza senza fissa dimora diretta verso l’Alaska insieme all’amata cagnetta Lucy, nella speranza di trovare un lavoro e con esso una necessaria stabilità. Fermata dalla polizia per aver rubato del cibo per cani in un supermercato, Wendy perderà di vista Lucy. Cercherà di ritrovarla con la determinazione propria di chi non ha più nulla da perdere e con l’aiuto di un generoso signore che lavora come sorvegliante. Un film dal commovente minimalismo, in cui lo spazio vuoto lasciato dall’assenza di intreccio narrativo si riempie dell’eco delle grida silenziose della protagonista.
White God – Sinfonia per Hagen
A Budapest una disposizione di legge, per favorire l’allevamento dei cani di razza, prevede che sui bastardi venga applicata una costosa tassa statale. Per questa ragione, molti ungheresi decidono di abbandonare i propri animali nei canili. Succede questo anche ad Hagen, il cane di Lili, una giovane ragazza di 13 anni costretta a vivere con suo padre mentre la mamma è fuori per un prolungato impegno di lavoro. Il papà, che non ha alcuna voglia di farsi carico della nuova tassa, decide quindi di abbandonare Hagen in strada. Lili, sconvolta, si mette alla ricerca dell’animale. Ma la grande intuizione del film di Kornel Mundruczo sta nel mostrare questa vicenda dal punto di vista dell’animale. Mentre la sua padroncina lo cerca, infatti, Hagen sta cominciando a sperimentare il traumatico passaggio da una situazione di protezione ad un’altra in cui, insieme ad altri suoi simili, diviene oggetto di persecuzione. Distopia canina.
Umberto D.
Capolavoro del 1952 diretto da Vittorio De Sica, Umberto D. è un’evoluzione di quello stile personalissimo utilizzato dal maestro italiano già nel precedente Ladri di biciclette per mettere in scena la realtà. Tornato a casa dopo aver pranzato alla mensa dei poveri, Umberto Domenico Ferrari scopre che la sua camera è stata occupata da una coppietta a cui la padrona di casa ha subaffittato la stanza in sua assenza. Egli protesta ma la proprietaria, per tutta risposta, lo minaccia di sfratto se non paga gli arretrati. L’anziano signore, affetto da tonsillite, si fa quindi ricoverare in ospedale per risparmiare sulla pigione e per poter pagare la padrona di casa. L’unico suo amico in questa storia è il cane Flaik. Una volta dimesso dall’ospedale, però, Umberto non riuscirà a trovare l’animale e si metterà sulle sue tracce. Non più una bicicletta rubata da recuperare, ma un cane scomparso da ritrovare. Esattamente come in Ladri di biciclette, però, nel quale il destino del protagonista dipendeva dal mezzo di locomozione che gli era stato sottratto, così il destino di Umberto D. dipenderà dal suo amico a quattro zampe.
Heart of a dog
Aderendo alla sua esperienza da performer multimediale, Laurie Anderson comincia dalla morte del suo amato rat terrier Lolabelle, avvenuta nel 2011, per intraprendere una ricerca personale nel suo passato, attraverso memorie dell’infanzia e diari video, con uno sguardo però sempre teso verso il futuro. Il film della Anderson è però anche un omaggio agli scrittori, musicisti e ai pensatori che l’hanno ispirata. Non un vero e proprio flusso di coscienza, ma un’opera in cui sogno e realtà si mescolano in una confessione cinematografica inclusiva e stratificata. La tenera Lolabelle diventa uno strumento di indagine su se stessi e sul mondo in cui si vive.