La guerra narrata con ironia al cinema, da MASH a Rock the Kasbah

E’ uscito il 5 Novembre Rock the Kasbah, la squinternata commedia di Barry Levinson interpretata da Bill Murray, Kate Hudson, Bruce Willis e Zooey Deschanel (Qui la nostra recensione). Al centro della pellicola la storia di un bizzarro manager e di una cantante di punta che decidono di intraprendere un viaggio in Afghanistan alla ricerca del successo. La coppia dovrà presto fare i conti però con la drammatica situazione di guerriglia urbana presente a Kabul. Non è la prima volta che si usa il genere della commedia, irriverente e ricca di gag, per analizzare il fenomeno bellico nelle sue sfaccettature più dolorose. Caposaldo del genere rimane Il Dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, liberamente ispirato al romanzo Allarme Rosso di Peter George. In questa seminale pellicola Kubrick non solo dimostra il suo antimilitarismo e il disprezzo nei confronti delle armi, ma costruisce una delle prime black comedy modernamente intesa, con un Peter Sellers magistrale. Indimenticabile la scena finale accompagnata da We’ll meet again di Vera Lynn. Ma anche il successivo Full Metal Jacket non è privo di un certo umorismo grottesco, come evidente nella sequenza conclusiva della pellicola, dove il plotone di soldati si ritira da un campo da guerra devastato intonando la marcia di Topolino. La degradazione del soldato e il suo ritorno alla fanciullezza, dopo aver vissuto in prima persona il terrore, ma anche la degradazione dell’intero continente americano, da portatore di pace e civiltà a ostinato e miope carnefice.

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Ma uno dei più grandi contributi al binomio risata-guerra è stato sicuramente offerto dalla lunga tradizione della commedia all’Italiana degli anni ’70, che ha fatto proprio della satira di costume uno dei suoi marchi distintivi. Primo fra tutti La Grande Guerra di Mario Monicelli, il quale, lontano da ogni tipo di mitizzazione e stilizzazione del primo conflitto mondiale, racconta con sguardo sardonico e agrodolce la vita in trincea nel 1916. Una guerra fatta non tanto da eroi ma da soldati in carne e ossa, con le proprie virtù e i propri difetti. Il ritratto di una nazione ancora divisa, dove gli usi e i costumi di ognuno si scontrano con quelli del proprio compagno, sottolineando le differenze culturali tra regioni e città, tra nord e sud. A tenere unita questa grande armata Bracaleone (per citare un altro celebre film di Monicelli) non è né il patriottismo né qualsivoglia ideale bellico ma semplicemente la volontà di restare vivi e portare a casa la pelle. Protagonisti della pellicola un milanese e un romano, interpretati rispettivamente da Vittorio Gassman e Alberto Sordi, immortalati nelle loro bassezze e nelle loro comiche ossessioni. Ormai celebre lo scambio di battute tra la sentinella e il soldato Oreste Jacovacci: “Chi va là ?”, “Semo l’anima de li mortacci tua !”, “E allora passate !”. Altro grande esempio è il Tutti a casa di Luigi Comencini, analisi delle vicende dopo il famoso Armistizio del settembre 1943, che sancì la fine delle ostilità con il fronte anglo-americano. La storia ci ricorda i drammatici momenti che seguirono il proclama del maresciallo Pietro Badoglio ai microfoni dell’EIAR, con le truppe italiane completamente impreparate e confuse, non più in grado di distinguere gli alleati dai nemici e viceversa. La pellicola attinge a piene mani dalla tradizione neorealista italiana e vede ancora una volta protagonista un grande Alberto Sordi nel ruolo del sottotenente Innocenzi. Anche Luciano Salce, il papà dei primi due capitoli di Fantozzi, propose ne Il Federale la sua tragicomica versione di una improbabile camicia nera interpretata da Ugo Tognazzi, nel compito di scortare fino a Roma il filosofo antifascista Erminio Bonafè. La strana coppia incontrerà nel corso del suo viaggio una serie di difficoltà e di divertenti situazioni, rese ancora più vivide dalla penna del duo Castellano e Pipolo.

Discorso a parte merita invece Mediterraneo, la celebre pellicola del 1991 diretta da Gabriele Salvatores. Nonostante i protagonisti della vicenda non vengano direttamente coinvolti sul campo di battaglia, sono immersi in un contesto, quello del secondo conflitto mondiale, che indirettamente entra in gioco in ogni loro mossa e in ogni loro battuta. I quattro soldati al centro della storia sono prima di tutto amici e fratelli e finiranno inevitabilmente per legarsi spiritualmente agli abitanti della sperduta isola greca in cui erano stati spediti. Partiti con lo scopo di “spezzare le reni” alla piccola isoletta, finiscono per fraternizzare e socializzare con una popolazione che gli ricorda il loro essere “uomini” prima che combattenti. Ma è impossibile non citare il cult di Robert Altman M*A*S*H, vincitore di un oscar come miglior sceneggiatura non originale e della Palma d’oro al 23º Festival di Cannes. Nonostante il film inizi con la didascalia “E poi fu la Corea”, il vero intento di Altman era quello di costruire una irriverente satira del governo Nixon e dell’impegno americano nella guerra in Vietnam. La pellicola analizza la scombussolata vita da campo dal punto di vista di due chirurghi completamente impreparati e inadatti al proprio mestiere, che operano senza particolari attenzioni e passano il loro tempo libero a tormentare i già provati compagni di unità. Proprio grazie all’umorismo nero che condisce il rapporto fraterno tra Donald Sutherland e Elliott Gould, il regista britannico Duncan Jones, già autore di Moon e Source code, ha inserito la pellicola del 1970 tra i suoi cinque film preferiti.

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Sulla stessa scia di M*A*S*H si colloca anche la folle commedia diretta da John Landis, Spie come noi, che vede protagonista una improbabile coppia di spie interpretate da Dan Aykroyd e Chevy Chase in una disperata missione per prendere il controllo di una centrale di lancio mobile e del relativo missile ICBM sovietico. I due goffi agenti segreti, inizialmente utilizzati dal governo americano come semplice diversivo, condurranno un viaggio dal Pakistan al Tagikistan, attraverso una serie di equivoci e incomprensioni che porteranno i due alla quasi distruzione del nostro pianeta. Nel film sono presenti, inoltre, tantissime partecipazioni amichevoli di registi celebri, da Sam Raimi a Joel Coen, passando per Terry Gilliam e Costa-Gavras. Da citare anche le esilaranti reinterpretazioni della storia contemporanea da parte di Quentin Tarantino nel suo esagerato pulp Bastardi senza gloria e di Corrado Guzzanti nel divertente quanto misconosciuto Fascisti su MarteMa probabilmente una delle migliori rappresentazioni sul grande schermo della farsa della guerra è il Vogliamo Vivere! di Ernst Lubitsch del 1942. Una compagnia di teatro, rimasta senza lavoro a causa dello scoppio del conflitto bellico, viene coinvolta in un intricato complotto antinazista. Da quel momento in poi la finzione del teatro si confonderà con la realtà, mettendo in scena una delle satire più riuscite e divertenti contro il regime del Führer. Nonostante ciò, è impossibile non mettere in cima a una ideale classifica delle war comedy Il grande dittatore di Charlie Chaplin, primo lungometraggio completamente sonoro del grande maestro. A discapito del messaggio iniziale, ovvero che “qualsiasi somiglianza tra il dittatore Hynkel e il barbiere ebreo è puramente casuale”, il ritratto tracciato dal comico inglese sul regime nazista è impietoso nella sua ilarità, duro e irremovibile nella sua presa in giro. A dimostrazione che molto spesso il potere di una battuta, di una gag, vale mille trattati di storia.

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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