Il cinema italiano sta vivendo delle giornate d’oro grazie alla genialità e l’audacia di Gabriele Mainetti e dei suoi meravigliosi quattro super eroi pronti a combattere il nazismo nel film Freaks Out. I social sono letteralmente esplosi dal primo giorno e continuano a osannare questo gioiello ‘made in Italy’ che non ha niente da invidiare al cinema spettacolare americano. A tal proposito abbiamo voluto intervistare uno dei protagonisti, Giancarlo Martini che nel film interpreta il ruolo di Mario, l’uomo calamita, pronto a buttarsi in qualsiasi avventura sempre con il sorriso sulle labbra.
Intervista a Giancarlo Martini
Ciao Giancarlo, vorrei ringraziarti per aver accettato il mio invito per NewsCinema.it. Sono certa che attraverso le tue parole scopriremo ancora di ‘più il magico mondo di Freaks Out creato dal regista Gabriele Mainetti insieme allo sceneggiatore Nicola Guaglianone.
D: “L’immaginazione diventa realtà e niente è come sembra”. Questa è la frase che racchiude Freaks Out. Secondo te, il pubblico che decide di andare in sala a vederlo cosa dovrebbe aspettarsi?
R: Uno spettacolo grandioso, che fa sognare, che ti aiuta ad imparare, ad indagare oltre l’apparenza. Per conoscere la magia della diversità attraverso una storia intima e fantastica, dove personaggi con poteri semplici, ma singolari contribuiscono alla sconfitta del male.
D: Negli ultimi giorni sui social non si parla d’altro che dell’uscita di Freaks Out, tanto da esser riuscito a mettere d’accordo critica e pubblica con bellissimi commenti e recensioni che parlano di una nuova pagina del cinema italiano. Durante le riprese ti saresti mai immaginato un successo del genere?
R: Dal primo giorno di riprese ero talmente affascinato dalla magnificenza di quest’opera e dalla perfezione scenografica delle ambientazioni, che tutto mi sembrava un sogno: la cura minuziosa di ogni dettaglio; le soluzioni straordinarie ai problemi che si presentavano; le condizioni estreme di lavoro hanno confermato la mia sensazione che il film avrebbe regalato emozioni forti allo spettatore.
D: Il regista Gabriele Mainetti in un post sul suo profilo Instagram ha raccontato il vostro primo incontro, facendo intendere che il personaggio di Mario, ti è stato praticamente cucito addosso. Sei a tutti gli effetti uno dei pochi personaggi che riesce a far sorridere il pubblico, nonostante le atrocità che avvengono nella Roma occupata dai nazisti. Come ti sei preparato a dover affrontare il personaggio dell’uomo calamita?
R: All’inizio il personaggio di Mario era stato pensato in un modo un po’ diverso da quello interpretato da me, doveva avere addirittura la testa microcefala. Poi lavorando con Gabriele su molta improvvisazione si è sviluppato un personaggio avente la mia struttura fisica e sentimentale. La preparazione per poter affrontare il personaggio è avvenuta – oltre che con le improvvisazioni insieme a Gabriele – facendo ricerca sulle caratteristiche di persone con quel particolare comportamento umano, che per la nostra società è considerato ritardo mentale.
Il lavoro fondamentale è avvenuto insieme a mia moglie. Abbiamo deciso di accogliere la percezione di avere un figlio come Mario nella nostra famiglia e quindi nella vita quotidiana: mangiavamo con lui; dormivamo con lui; lo accudivamo; lo difendevamo; piangevamo e ridevamo insieme, era nostro figlio a tutti gli effetti. Tutte queste percezioni ho cercato di immagazzinarle dentro di me, immedesimandomi in Mario con tutto l’amore possibile.
Per dare a Mario una personalità sempre positiva mi sono ispirato a quella purezza d’animo dell’essere umano non intaccato da sovrastrutture che avvelenano lo spirito. Mi sono immaginato che Mario fosse la rappresentazione dell’inclusività, dell’uomo libero. Un Mario che si concede a tutti senza moralismi, si prende cura indistintamente di tutta la comunità, sia della sua famiglia patchwork sia dei nemici quando si fanno male. Che riesce ad essere allegro e a ricostruire la forza di reagire.
Leggi anche: Freaks Out | quattro supereroi in lotta contro il nazismo nel film di Mainetti
Leggi anche: FREAKS OUT | un gruppo ‘mostruoso’ contro i nazisti nel trailer del film
D: Una storia come quella raccontata in Freaks Out non si era mai vista e nessuno ha mai avuto il coraggio di spingersi a questo punto, anche negli effetti speciali. Qual è stata la tua prima impressione/reazione quando hai letto la sceneggiatura?
R: Sono rimasto molto colpito e affascinato dall’originalità di questa storia, ma anche un po’ perplesso da come si potessero realizzare certe visioni così atipiche per il cinema italiano. Per fortuna questa esperienza mi ha insegnato che con un regista come Gabriele ‘L’IMMAGINAZIONE DIVENTA REALTÀ’ per davvero.
Freaks Out | Il profondo valore dell’amicizia dentro e fuori il set
D: I protagonisti del film sono quattro freaks dotati di super poteri differenti ma uniti da una profonda amicizia. Com’è stato il rapporto con il resto del cast sul set?
R: Abbiamo lavorato per entrare in empatia dal momento che era fondamentale risultare uniti come una famiglia patchwork. Per questo Gabriele ci ha fatto fare un ritiro di quattro giorni in una location isolata dal mondo. In quei giorni ci siamo dedicati completamente ai personaggi, parlavamo, dormivamo e mangiavamo come fossimo Fulvio, Aurora, Cencio e Mario, Gabriele ci dirigeva creando delle situazioni inerenti alcune scene del film. Gli ultimi due giorni è arrivato anche Giorgio che si è inserito come nostro padre putativo e abbiamo così amplificato il legame che si stava costruendo.
Un’esperienza fondamentale e nutriente.
Successivamente il rapporto con Franz è stato molto piacevole, Franz è una persona speciale e il suo modo moderno di essere tedesco e cittadino del mondo mi riportava con la mente al mio adorato nipotino Otis, tedesco anche lui, in lui vedevo, dalle sue movenze e dalla sua dolcezza disinibita Otis da grande. Vederlo come crudele e tormentato antagonista nel film è stato per me affascinante e istruttivo.
D: Prima di chiudere e rinnovarti i complimenti per il ruolo di Mario, hai qualche aneddoto inedito accaduto durante le riprese di Freaks Out da voler condividere con i lettori di NewsCinema.it?
R: Mi domandavo come sarebbero riusciti a realizzare la scena a piazza Margana dovendo bloccare tutto il traffico della città. Un giorno andando negli sudi di Videa mi sono ritrovato catapultato nel centro di Roma e piazza margana era stata completamente ricostruita, perfettamente uguale, solo con le sembianze del 1943. Per me è stato uno shock emotivo: ho sentito nel petto quell’angoscia degli orrori dell’epoca.
Un evento invece lieto e commovente è stato dopo circa un mese dall’inizio delle riprese. Gabriele aveva ingaggiato un vero circo, il Rony Roller, per le scene del Zirkus Berlin del film. Mentre lavoravamo a fianco a dei veri circensi sono nati due cuccioli di tigre in perfetta salute che sono stati le mascotte del film di quel periodo. Tant’è vero che uno dei tigrotti è stato inserito nella scena del delirio chiaroveggente di Franz.
Un altro aneddoto che ricordo, fu durante la scena nella sala delle torture, per riprendermi sulla ruota che girava, fecero per quattro ore, tentativi, riprendendomi da più angolazioni. Presi dalla realizzazione della scena non davano peso alla posizione in cui mi lasciavano quando Gabriele dava lo stop, mi trovavo una volta capovolto a testa in giù, una volta obliquo o appeso in orizzontale. Nonostante io gridavo per farmi rimettere in posizione verticale loro continuavano a ragionare sulla resa della scena, e questo provocava scrosci di risate di tutto il resto della troupe che alla fine decideva spontaneamente di venirmi ogni volta in soccorso.