Grey’s Anatomy, intervista a Giacomo Giannotti: “Il mio sogno americano al Seattle Grace Hospital”

I fan di Grey’s Anatomy conoscono Giacomo Giannotti come il dottor Andrew De Luca che ha iniziato la sua avventura nella serie tv americana di successo con la 12° stagione. Classe 1989 l’attore italiano naturalizzato canadese è passato a Roma per incontrare la stampa italiana e raccontare alcune curiosità sulla sua esperienza oltreoceano e svelare dettagli sui suoi progetti futuri.

Come è stato entrare in un cast già consolidato? Puoi raccontarci qualche aneddoto di scena particolare?

Ero molto nervoso perché il cast lavorava insieme da tantissimi anni ed era composto da attori navigati con una carriera già avviata. Comunque mi sono trovato subito a mio agio, tutti sono stati molto gentili con me, soprattutto quando ho dovuto girare delle scene in sala operatoria con termini medici da dire con padronanza. James Pickens che interpreta il capo dell’ospedale è stato il primo che mi ha messo a mio agio. Di solito prima di girare leggiamo la puntata tutti insieme intorno a un tavolo. Io non conoscevo nessuno come al primo giorno di scuola e lui, il più anziano del cast, si è alzato e si è presentato, dandomi il benvenuto. La mia prima scena è stata pazzesca perché uscivo dall’ambulanza e dovevo dire tremila cose in una ripresa, quindi anche per un piccolo sbaglio dovevamo rifare tutto da capo.

Giacomo Giannotti in Grey’s Anatomy

Secondo te qual è il segreto del successo di Grey’s Anatomy?

Quando è iniziato Grey’s Anatomy, Shonda Rhimes era la prima donna showrunner ad aver creato una serie con molte donne forti come personaggi, donne in carriera indipendenti che non si vedevano molto in tv in quel periodo. Quindi è stata di ispirazione per le donne che provavano empatia e ha motivato i futuri medici. Questa serie è stata usata praticamente per dare luce a discorsi politici, far conoscere malattie meno note e quindi per dire qualcosa al mondo e raccontare storie, unire l’America e il mondo in un certo senso.

Hai sentito la versione italiana della serie? Come mai non hai potuto doppiare te stesso?

Avevo chiesto di poter doppiare il mio personaggio, ma mi è stato detto che c’è una protezione sindacale per gli attori. Non si può togliere lavoro ai doppiatori professionisti. Però mi ha fatto ridere mia nonna che, quando ha visto la serie, mi ha detto: non posso sentire la voce strana che esce dalla tua bocca! riferendosi in particolare a una scena in cui parlavo in italiano con mia sorella sul set e ci hanno chiesto di fare l’accento siciliano.

Il sistema americano è più meritocratico rispetto a quello italiano?

A 18 anni mi sono trasferito a Roma da Toronto, di giorno facevo il barman e ogni tanto facevo dei provini perché volevo recitare in italiano, ma per due anni niente e così sono tornato in Canada per studiare teatro e, appena fatto il biglietto, ho avuto un piccolo ruolo qui in un programma chiamato “Medicina Generale”. Mi guardavo intorno intanto e mi rendevo conto di una serie di raccomandati che lavoravano più di me, ma mi sono detto “prima o poi i nipoti devono finire”. In America forse sì, il sistema è più meritocratico e dopo un po’ che lavori e fai vedere il tuo talento vieni premiato.

Cosa puoi dirci della polemica sugli stipendi esplosa ad Hollywood?

Hollywood sta cambiando molto e con il movimento #MeToo e #TimesUp per la paga diversa tra uomini e donne piano piano le cose stanno prendendo una strada diversa. Spero si vada avanti così perché è un mondo in cui siamo tutti uguali. Non posso commentare quanto ha detto Sandra Oh, ma quando sei straniero un po’ ci provano a non darti il giusto compenso, anche perché il dollaro è più forte.

Ti è capitato di dover imparare qualche parola difficile visto il linguaggio medico della serie?

Ogni settimana c’è qualche momento di difficoltà. Ma imparo anche molto ogni puntata, come i nomi di malattie sulle quali facciamo ricerche, vedendo anche tantissimi video su internet. Devo studiare le operazioni da rifare in modo verosimile in sala operatoria.

Non hai sviluppato una certa ipocondria facendo Grey’s Anatomy?

Sì aumenta un po’ l’ipocondria perché più sai più ci pensi.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho iniziato a teatro, ma dopo Grey’s Anatomy mi piacerebbe tornare a teatro. Sono un grandissimo fan del cinema anche italiano. Dall’Oscar con La Grande Bellezza il mondo si è accorto di nuovo dell’Italia. Abbiamo una ricca storia di cinema, ma negli anni recenti non è andata molto bene. Quindi sono stato molto felice ultimamente vedendo prodotti come Suburra, The Young Pope, etc…

Ci sono diversi messaggi in questa serie tv? Cosa ne pensi tu per esempio della presidenza Trump?

In America da molti anni un grande problema è la brutalità delle forze di polizia, specialmente sulle persone di colore. Noi abbiamo fatto una puntata nella 14° stagione dove un giovane nero va a casa, dimentica le chiavi e entra dalla finestra di casa sua, quando la polizia, vedendo questo, gli spara senza fare domande. Per sottolineare la discriminazione razziale e pregiudizio, e sfruttare le storie sul giornale. Peggio di questo non si può fare, pensiamo sempre a Trump in America. Si sente la tensione nell’aria vivendo lì in questo periodo. Io ogni volta che incontro qualcuno scommetto sul tempo che passa prima che si comincia a parlare di Trump, perché è così ridicolo quello che propone. Ma spero che passi prima o poi.

Che tipo di ruoli ti vengono proposti adesso?

Il mio agente l’ho scelto perché era l’unico che non mi aveva chiesto di cambiare il nome. Mi propongono tanto i ruoli da bravo ragazzo, ma mi piacerebbe fare un cattivissimo, un malato, uno strano, perché quando ho studiato il teatro all’università  ho fatto questo tipo di personaggi. Quelli sono i muscoli che ho usato da allora. Se io lavorassi in Italia vorrei un ruolo più oscuro, anche se più piccolo ma complesso.