Venezia 77 | I am Greta, recensione del documentario sulla giovane attivista per il clima

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Quando la quindicenne Greta Thunberg cominciò a saltare la scuola per sedersi sul marciapiede fuori al parlamento svedese, con in mano un cartello che diceva “Sciopero scolastico per il clima”, il regista Nathan Grossman era lì a filmarla, inconsapevole del fatto che quella giovanissima attivista sarebbe diventata il fulcro di un movimento mondiale per chiedere risposante concrete e veloci al problema dei cambiamenti climatici. 

I am Greta | il documentario di Nathan Grossman

Il documentario di Nathan Grossman si apre con le immagini di una giovane ragazza svedese con le treccine che, in completa solitudine, si siede davanti al parlamento svedese con un cartello con su scritto: “Skolstrejk för klimatet”. Sembrano immagini irreali, girate dopo tutto ciò che è accaduto per risalire all’origine di un movimento che ha portato nel mondo milioni di giovani durante i Fridays for Future. E invece sono le immagini originali registrate da Nathan Grossman quando neanche lui poteva immaginare che ciò che era nato come un minuscolo progetto (magari un cortometraggio) su questa testarda e determinata ragazzina sarebbe diventato un lungometraggio da presentare alla Mostra del Cinema di Venezia.

L’unico, attualmente, in grado di mostrare tutto ciò che la comunicazione sui mass media riguardante Greta ha nascosto agli occhi dello spettatore: sentimenti, ansie, preoccupazioni, momenti di difficoltà. Così il suo I am Greta non è solo un film di grande interesse “documentaristico”, mettendo in scena ciò che altrimenti sarebbe rimasto sconosciuto (la preparazione dei discorsi già diventati celebri, le sensazioni della stessa Greta rispetto alle situazioni in cui è stata catapultata), ma anche la testimonianza dell’umanità completa e sfaccettata di chi è diventata, nel migliore dei casi, un’icona, o, nel peggiore dei casi, il prodotto di una “propaganda ambientale estremista”. In entrambe le situazioni, de-umanizzata e ridotta a simbolo.

Adults in the room

Dal documentario di Grossman emerge innanzitutto il grandissimo senso dell’umorismo di chi è stata rappresentata per mesi (almeno sui giornali in linea con una narrazione ostile agli attivisti per il clima) come una bambina dal volto perennemente corrucciato e dallo sguardo inguaribilmente severo. Ma anche i problemi legati alla sindrome di Asperger, mostrati finalmente fuori da qualsivoglia mitizzazione o, al contrario, forma di di denigrazione. Mentre il film ripercorre tutte le comparsate pubbliche di Greta davanti ai vari gruppi di leader internazionali, è affascinante (e sicuramente divertente) guardare come mutano i volti degli “adults in the room” durante la lettura di quei testi preparati con tanto sforzo nei giorni precedenti. Le facce all’inizio leggermente condiscendenti, sempre sorridenti, diventano prima perplesse e successivamente visibilmente infastidite. 

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La lotta per il clima

Raccontando della figura di Greta, che per ovvie ragioni è il fulcro principale del racconto, il documentario di Grossman non perde di vista il contenuto della lotta della giovane attivista. Impossibile, ascoltando le parole di Steven Mnuchin, Segretario al tesoro degli Stati Uniti d’America, mentre invita una ragazzina di quindici anni a “tornare a scuola per studiare economia”, non pensare al fatto che Greta, se davvero cominciasse a studiare economia, si troverebbe probabilmente a leggere libri di testo che ancora oggi non prevedono, negli scenari economici possibili, l’impatto di una futura crisi climatica. Proprio nel riuscire a mantenere sempre centrale il tema dei cambiamenti climatici in un film che facilmente avrebbe potuto parlare di tanto altro sta la più grande conquista di Grossman.

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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