“Il dolore della bambola è la storia di una ragazza che vuole estraniarsi da un mondo che non la vuole e per questo soffre, ma soffre, come molti di noi, dentro nel profondo lasciando all’esterno una maschera di apatia come una bambola. Erosa da questa sofferenza si traveste da bambola ogni sera e getta una bambola dal bastione del castello per esorcizzare attraverso esse il suo dolore” tramite queste parole, il regista Simone Caridi ha voluto definire il suo cortometraggio, di cui ne ha firmato anche la sceneggiatura. Un film realizzato con un budget irrisorio, grazie ai mezzi stessi del regista e al sostegno dell’Associazione Sanremo Cinema, impegnata da anni a sviluppare progetti cinematografici e fondata dai fratelli Di Gerlando e dalla MDG Produzioni Video dello stesso Marco Di Gerlando.
L’idea di fondo del film, come ci spiega il regista, arriva da una foto che la protagonista del corto (Jessica Zambellini) ha scattato dopo aver vinto una bambola gotica, una di quelle che vediamo nel corto, durante una manifestazione. Da quell’immagine è venuto dipanandosi nella mente dello sceneggiatore questo breve racconto di introspezione psicologia, tagliato su misura per la protagonista che non poteva non essere l’autrice dello scatto. Un ruolo fondamentale, oltre a quello della protagonista, lo gioca la location principale, il “Castello della Lucertola” di Apricale del quale Caridi si era letteralmente innamorato volendo il giardino prensile e la stanza della contessa quali luoghi chiave nei quali ambientare il suo cortometraggio e che grazie alla disponibilità del Sindaco del borgo è di fatto divenuta la location delle riprese.
Ogni scena o quasi è costellata dalla presenza di innumerevoli bambole di diverse forme e colori, che grazie ad amici e conoscenti del regista sono state messe insieme ed utilizzate come scenografia e una parte dello svolgimento del film è accompagnato dalle parole di un frammento di una poesia scritta da una giovane ragazza di badalucco, Claudia Murachelli, dal titolo “il dolore della bambola” nel quale il regista si è imbattuto casualmente navigando su internet e che calzava a pennello con la storia narrata dalle immagini.
Insomma, una storia dai toni cupi, profondamente introspettiva realizzata grazie a un lavoro corale e all’intervento di casualità fortuite che hanno dato vita al cortometraggio che potete vedere qui sotto:
GALLERY
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