Il kitsch in mostra alla Triennale di Milano

Milan Kundera in uno dei romanzi più belli della letteratura del Novecento, L’insostenibile leggerezza dell’essere, scriveva: “Nel regno del Kitsch impera la dittatura del cuore. I sentimenti suscitati dal Kitsch devono essere, ovviamente, tali da poter essere condivisi da una grande quantità di persone. Per questo il Kitsch non può dipendere da una situazione insolita, ma è collegato invece alle immagini fondamentali che le persone hanno inculcate nella memoria”.

Gillo Dorfles, nel 1968, scrisse un testo significativo ed emblematico della cultura ma soprattutto del cattivo gusto, Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto, chiarendo così il senso di quella parola tanto usata ed accostata al brutto da contrapporsi alla bellezza dell’arte. Il critico d’arte non esita neanche rispetto al Mosè di Michelangelo o alla Gioconda di Leonardodivenuti emblemi kitsch perché ormai riprodotti trivialmente e conosciuti, non per i loro autentici valori ma per il surrogato sentimentale o tecnico dei loro valori”. La Triennale di Milano presenta la mostra Gillo Dorfles. Kitsch – oggi il kitsch, in programma dal 13 giugno al 26 agosto, curata dal critico triestino insieme con Aldo Colonetti, Franco Origoni, Luigi Sansone e Anna Steiner. Sebbene in una mostra si sia soliti vedere capolavori di immensa bellezza, questa volta è il brutto ad andare in scena. Tutto ciò che solitamente attira negativamente le nostre attenzioni riscuotendo un giudizio ben poco lusinghiero, grazie a questa mostra, troverà spazio nel luogo elettivo del bel gusto. Nella prima parte dell’esposizione sono presentati gli “autori, i quali volutamente usano citazioni kitsch”, per continuare con alcuni artisti deliberatamente kitsch, quelli che Dorfles presenta come “alcuni artisti contemporanei che, intenzionalmente, creano opere con elementi che fanno riferimento alla cultura del kitsch”.

D’altra parte il curatore della mostra sentenzia: “Come sempre, sono l’intenzione e la consapevolezza, sia rispetto all’utilizzo delle tecniche sia nei riguardi dei contenuti, che trasformano un oggetto, una forma, ma anche un comportamento, in un’opera, in un linguaggio che sentiamo veri e autentici. Se non esiste la dimensione culturale, ogni forma d’arte è destinata a cadere nella trappola di un kitsch più o meno consapevole. La vera arte non è mai “maliziosa”; il kitsch lo è, e questa è la sua essenza. È necessario conoscerlo, anche frequentarlo e, perché no, qualche volta utilizzarlo, senza farsi mai prendere la mano. Perché il cattivo gusto è sempre in agguato”. Il kitsch ci appartiene. È intorno a noi. Si percepisce. Si respira. Si ammira, a volte.